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Venezia 69: Brian De Palma e Noomi Rapace raccontano Passion

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Dopo Robert Redford  approda al Lido un’altra grande personalità della storia del cinema, Brian De Palma, che presenta il suo nuovo film Passion, in cui le due protagoniste principali sono Rachel McAdams e Noomi Rapace, immerse in una storia di sensualità, mistero e pericolo. Dopo sei anni di fermo, De Palma torna dietro la macchina da presa per una sua vecchia passione, il thriller. Il regista, Noomi Rapace, e il musicista Pino Donaggio hanno raccontato il loro progetto alla stampa.

Lei ha realizzato molti thriller ma dall’ultimo è passato tanto tempo. Come si è avvicinato a questo progetto?

Brian De Palma: Ci sono due ottimi personaggi di donne e sono stato fortunato perchè Noomi ha fatto un personaggio e Rachel l’altro. Ho pensato di migliorare ancorail film, tenendo nascosta l’identità dell’assassina e ho potuto mettere comunque la mia firma.

Nelle scene finali la donna con i capelli rossi mette il cellulare sul laptop e dice che è rintracciabile, ma ha comprato quello solo per telefonare all’ispettore. Perchè suona se nessuno ha il numero?

De Palma: E’ un sogno :)

Lei è stato sei anni lontano dal set e dal mondo cinematografico. Che ha fatto nel frattempo?

De Palma: Ho cercato di far fare i film.

Perchè ha girato il film a Berlino?

De Palma: La maggior parte dei finanziamenti sono arrivati dalla Germania. Il film doveva essere girato a Londra, ma con il produttore abbiamo trovato location in Germania e quindi perchè no? La troupe tedesca è stata fantastica e il film è stato girato in 39 giorni finendo anche in anticipo.

Molti lo criticano per un cinema anni 80,ma il film si apre con uno smartphone nell’acqua quindi calato nel contemporaneo? E il testo di Courneau originale come lo ha interpretato? Le protagoniste già si conoscono qui invece nel testo no.

De Palma: Buuu (ride).

Noomi come si è preparata al suo ruolo?

Noomi Rapace: Ogni ruolo che accetto ho un modo per capirlo al 100% e devo capire e tradurre me stessa in questa persona. Per Isabelle è stato difficile perchè è diversa da quello che ho fatto nel passato. Ha una rottura nel passato dentro di sè ma ha una reazione ritardata. I suoi pensieri girano in un paesaggio psicologico particolare e per comprenderlo al meglio ho parlato con un dottore di psicosi e Brian per capire come fare. Abbiamo discusso molto per capire profondamente il personaggio.

Lei ha detto nella nota stampa che è un film per le donne e non solo sulle donne?

De Palma: Sì i personaggi sono donne, fanno cose tra di loro che mi hanno sorpreso e sono stato fortunato perchè si conoscevano bene e il bacio della morte è stato wow…
Noomi Rapace: Volevo tanto lavorare con Rachel. Sono stata fortunata perchè è un’occasione vivere questa relazione competitiva. Le due donne alzano sempre la posta in gioco e diventa tutto una spirale che gira in fretta, anche se esse sono simili ma in modi diversi. Mi è arrivato all’anima, con sogni folli e ho avuto un lato oscuro dentro di me per alcuni giorni.

Linguaggio dei nuovi media si avverte in alcuni suoi lavori. E’ un profeta?

De Palma: Quando ho fatto il film alla fine degli anni ’60 con Hi mom! ho parlato della tv e dei reality e mi sono chiesto cosa potesse venire fuori da questo. In Redacted provavo a vedere come utilizzare le storie per costruirne una narrativa.

Per quanto riguarda la musica, nel film sembra di ascoltare due partiture per due film diversi?

De Palma: Lavoro con Pino fin da Carrie e ho pensato molto alla selezione della musica per trovare quella giusta per ogni scena, ho dato alcune idee e lui ha composto la scelta finale. All’inizio le ragazze si preparano a nuove idee, e cominciano la loro crescita. Poi tutto diventa contorto e sinistro e quindi anche la musica…molto particolare per la scena finale.

Pino Donaggio: Ho seguito un po’ il film con gli eventi che cambiano, accompagnando le immagini e aumentando la tensione. Ho seguito solo il lavoro di Brian. Primac’è la parte leggera e poi sempre in comune accordo un crescendo di suspence fino alla fine.

Qual è la sua idea di un thriller?

De Palma: Il thriller è la possibilità di raccontare le storie dal punto di vista visivo con immagini e musica. e Questa storia mi è servita per ampliare queste capacità in due sequenze chiave, con grande interazioni tra le due attrici e la possibilità di costruire l’aspetto visivo.

Noomi Rapace: Abbiamo scoperto le nostre parti nelle riprese, non c’era molto nella sceneggiature. Alcune scene erano più di orientamento sessuale, altre meno.

Perchè la scelta dello split screen nella scena del balletto?

De Palma: Mi piace quel balletto come reinterpretazione di Pomeriggio al telefono e ho visto vari video degli anni 60. Mi piaceva la coreografia e l’idea alla base di questo. C’è una battuta di Noomi “Sono stata a vedere il balletto” e così ho provato ad attirare il pubblico all’interno del balletto per non farli concentrare sull’omicidio che si svolge in contemporanea. Siamo registi alla ricerca di buone sceneggiature, questa veniva dalla Francia, ho vissuto a Parigi e ho fatto lì Femme Fatale mentre Mission Impossible in tutto il mondo. Ci sono bei posti in tutto il mondo e sarebbe bello girare un unico film in diversi paesi, ognuno con le proprie star.
Hitchcok e Bernand Herman sodalizio musica – cinema come Donaggio e De Palma. Quali sono requisiti per una buona colonna sonora?
De Palma: Ho lavorato con Pino ma anche con altri grandi compositori. A seconda del tipo di film scelgo la persona, anche per la fotografia etc…non ho paura di cambiare. Sono fortunato per Pino perchè abbiamo messo insieme dei film fatti a modo nostro e soddisfatti di questi.

Qual è il ruolo della moda nel film?

De Palma:  Io non presto molta attenzione a cosa indosso io, ma ho un occhio acuto sugli altri. Vedo che Noomi sta molto bene ma non so dire chi ha fatto questo vestito…
Noomi Rapace : Brian sa tutto subito, cosa va bene o va male. Avevamo le prove dei vestiti di grandi nomi e lui vedeva subito quello che andava male o bene. Come cambia il personaggio cambio abiti, e il regista mi ha aiutato molto a capire la trasformazione; quando fa delle mosse o programma le cose in anticipo etc.. I vestiti sono una divisa per queste donne e cambiano piccoli dettagli che dicono molto.

Nei suoi film sembra che tutto sia sul punto di collassare. Ci si chiede sempre ‘cosa viene dopo’. Per ottenere questo effetto lavora sulla regia o sceneggiatura?

De Palma: Avevo un ottimo film , bei personaggi e un’ ottima narrativa. Ho portato idee per un thriller sexy.

Il cinema e la scrittura sono le compagne di viaggio di cui non posso fare a meno. Quando sono in sala, si spengono le luci e il proiettore inizia a girare, sono nella mia dimensione :)! Discepola dell' indimenticabile Nora Ephron, tra i miei registi preferiti posso menzionare Steven Spielberg, Tim Burton, Ferzan Ozpetek, Quentin Tarantino, Hitchcock e Robert Zemeckis. Oltre il cinema, l'altra mia droga? Le serie tv, lo ammetto!

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Berlinale 73: Inside, la recensione | Un incubo a occhi aperti tra quattro mura

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Inside film recensione

La recensione di Inside – Foto: Newscinema.it

Presentato al 73° Festival di Berlino, Inside conta 105’ di durata e fa parte della sezione Panorama.

Regia e soggetto sono a cura di Vasilis Katsoupis mentre la sceneggiatura di Inside è firmata da Ben Hopkins. Il protagonista assoluto di questo thriller dalle sfumature comedy-drama è Willem Dafoe e verrà distribuito nelle sale statunitensi il 10 marzo 2023, attendiamo la conferma italiana.

La trama di Inside

Il ladro d’arte Nemo rimane intrappolato in un attico a Times Square durante un furto che finisce male. Con il passare dei giorni il suo stato mentale comincia a peggiorare e dovendo combattere con la fame e la sete, dovrà escogitare un piano per trovare una via di fuga, per restare lucido e per adattarsi alle disagianti condizioni, ormai inevitabili.

Il one man show di Willem Dafoe

Ci sono film che abbracciano il proprio protagonista cucendogli addosso un ruolo perfetto e imbastendo intorno a lui un ambiente congeniale che punta al risultato sperato. Mai come in questo caso la definizione può essere più appropriata, questo film è Willem Dafoe.

Un uomo imprigionato senza via di fuga che dopo averle provate tutte inizia a testare i propri limiti, finendo per immaginare soluzioni e fantasticare tra folli visioni. Il ladro lo sappiamo, è una figura negativa che solitamente dovremmo identificare come antagonista ma che qui trova un risvolto opposto.

Nemo è un uomo che non avverti mai come ostile, ti trovi ad empatizzare totalmente con lui e quasi ti dimentichi che si meriti di essere imprigionato lì e magari anche scoperto, in quanto giunto in quella situazione per qualcosa che sostanzialmente non andava fatto.

Willem Dafoe Inside

Willem Dafoe in Inside – Foto: Berlinale 73

Un incubo a occhi aperti tra quattro mura

Freddo glaciale o caldo torrido, mancanza di una fonte d’acqua, istinto di sopravvivenza e di adattamento, di certo quello che a prima vista pare essere un attico pieno di comfort, diventa in un attimo un ambiente avverso dove la tecnologia, da cui ormai dipendiamo, da utile si fa nemica.

Questa interessantissima opera filmica è capace di diversificare la propria direzione, partendo da qualcosa di inizialmente molto concreto e arrivando a compiere un viaggio più concettuale. Già capace di affascinare al suo primo lungometraggio dunque, il regista greco pare avere le idee ben chiare sulla direzione verso cui portare il proprio cinema.

Un po’ come il connazionale Yorgos Lanthimos, percorre una strada che parte dal realismo e finisce nella criptica isola del sottotesto ermetico, quello in cui è necessario un lavoro mentale da parte dello spettatore per essere elaborato al meglio.

Inno all’arte

L’arte e la sua realizzazione, l’inventiva, la ricerca di soluzioni che stimolano la creatività sfociando in qualcosa di ricercato, di contemporaneo, di artisticamente riflessivo. Muffa, sudore, rabbia, rassegnazione, tanti sono gli elementi simbolici o le sensazioni percepite, che portano ad un unica domanda: fin dove si può spingere un uomo?

Un essere umano in trappola, messo a dura prova dalla situazione che involontariamente si trova a vivere, sopraffatto dal proprio istinto, troverà il modo di far pace con sé stesso e con l’ambiente circostante in un equilibrio quasi spirituale. Molto silenzioso Dafoe gioca con sé stesso, recita per sottrazione, talvolta interagendo soltanto con la mimica facciale, altre con gli oggetti presenti in scena o qua e là parlando un divertente italiano.

Inside film 2023

Inside film – Foto: Newscinema.it

Non mancano infatti passaggi simpatici, dalla Macarena agli easter egg brillanti disseminati in ogni dove, che grazie ad un ottimo lavoro di montaggio esaltano ancor di più il ritmo e il talento dell’attore, chiamato a reggere sulle proprie spalle l’intero lungometraggio.

In conclusione ci troviamo immersi in un mondo nascosto tra condizioni critiche poco rassicuranti e ostacoli decisamente ingombranti, che pulsa però quasi inconsapevolmente di innata genialità artistica e si fa metafora di quello che Nemo sta pian piano realizzando, come fosse un inception di strutture a matrioska. Un inno all’arte dunque, alle menti creative e al prepotente ma essenziale concetto “Non c’è creazione senza distruzione”.

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Berlinale 73 | Suzume, il nuovo sorprendente film animato dal regista di Your Name

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Berlinale 73 | Suzume, il nuovo sorprendente film animato dal regista di Your Name
3.6 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora
Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Suzume, il nuovo film d’animazione del regista di Your Name si rivela un’opera avvincente, intrigante e sorprendente, presentata in concorso alla 73esima edizione della Berlinale.

È stato presentato a Berlino il nuovo film d’animazione del regista giapponese Makoto Shinkai, che nel 2016, con Your Name, aveva commosso milioni di spettatori in tutto il mondo, fino a guadagnarsi la stima che si riserva ai nuovi maestri e, in alcuni casi, persino lusinghieri paragoni con Hayao Miyazaki.

Il suo nuovo Suzume è un’opera avvincente, intrigante, sconcertante: un film catastrofico sci-fi spettacolare che si fa saggio sulla natura e la politica, attraversato da elementi comici folli e stravaganti che in alcuni momenti ne deviano la narrazione e ne cambiano drasticamente il tono.

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Già in Your Name, il regista aveva inventato un disastro – un enorme impatto meteorico – quasi sicuramente ispirato al terremoto del Tōhoku del 2011. Con Suzume, adesso, fa esplicito riferimento alle scosse e allo tsunami del 3/11 nel prologo del film, quando la protagonista si ritrova in quella che sembra ESSERE una dimensione parallela in cui regna una devastazione surreale, con case ridotte in macerie e barche spettrali incagliate dopo misteriosi naufragi.

Il resto del film si svolge circa un decennio dopo, a partire da Kyushu (purtroppo, isola che è stata colpita da un terremoto di magnitudo 5,6 appena sei settimane prima dell’uscita del film, dando ulteriore rilevanza e attualità al suo messaggio). Una mattina, in sella alla sua bicicletta, Suzume incrocia un bel giovane che cammina nella direzione opposta, e con uno stratagemma visivo preso in prestito dal cinema live action, il tempo rallenta e la regia cattura la scintilla che scatta romantica tra loro.

Lo straniero si chiama Souta Manakata e si presenta a Suzume come un “Closer”, ovvero qualcuno incaricato di chiudere una serie di portali mistici per evitare che gigantesche creatura fuggano attraverso essi e continuino a causare disastri in tutto il Paese (vermi in computer grafica che rivelano la loro pericolosità e la loro alterità anche come corpi estranei rispetto al gentile tratto bidimensionale del film). Souta, però, all’inizio del viaggio si trasforma in una sedia per bambini a tre gambe: un’idea stravagante per un compagno di viaggio che si rivela però sorprendentemente efficace.

Il film, infatti, riesce a rendere Souta molto più espressivo nella sua semplice forma geometrica di sedia rispetto a quando, da ragazzo in carne ed ossa, non può che essere il generico oggetto d’amore della protagonista. E anche in questo rifiuto di un sentimentalismo molto vecchio e abusato sta la modernità del film di Shinkai, che stavolta decide di dare un tocco contemporaneo e giovanile al suo film collaborando nuovamente con la rock band Radwimps, affiancata qui dalla strumentazione del compositore Kazuma Jinnouchi, e incorporando nella narrazione la tecnologia moderna e l’utilizzo dei social network. Lo stesso design del gatto Daijin quasi certamente ricorderà ai fan più giovani quello cattivo dello show Puella Magi Madoka Magica.

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Strutturato come un road movie, Suzume invita il pubblico ad un tour del Giappone, sorvolando sui punti di riferimento familiari, come il Monte Fuji, e concentrandosi invece sui luoghi che rappresentano il patrimonio in via di estinzione del Paese del Sol Levante. Ma è la direzione dell’animazione di Kenichi Tsuchiya, che si impone con i suoi dettagli sbalorditivi, che rendono Suzume un oggetto di misteriosa bellezza nei suoi cieli notturni e negli skyline pittorici delle diverse città. La protagonista entra in connessione con il pubblico come un’adolescente in movimento e in subbuglio, comandando il percorso emotivo della narrazione.

“Il peso dei sentimenti delle persone è ciò che soffoca la Terra”, dice Souta nel film: ed è questo il manifesto di Shinkai su come la vita interiore e la topografia giapponese siano strettamente dipendenti l’una dall’altra. E proprio come nel film The Garden of Words, in cui aveva già spiegato la sua tesi emotiva attraverso la poesia Man’yōshū, Suzume è uno sforzo che cerca di restituire la complessità di un mondo interiore con umorismo e pathos, legandolo alle sorti della Terra, del mondo che sta fuori.

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Berlinale 73 | Infinity Pool, Mia Goth: “Non mi sottraggo mai davanti a questo tipo di film”

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Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Mia Goth e Alexander Skarsgard hanno rivelato di essersi divertiti molto a realizzare Infinity Pool, il thriller “provocatorio” e “viscerale” del regista canadese Brandon Cronenberg, presentato in anteprima europea alla 73esima Berlinale.

È stato presentato in anteprima europea alla 73esima edizione della Berlinale l’atteso Infinity Pool, nuovo controverso thriller diretto da Brandon Cronenberg. Il regista ne ha parlato insieme ai protagonisti Mia Goth e Alexander Skarsgard in una conferenza stampa con i giornalisti, approfondendo le tematiche del film e affrontando le controversie legate ad esso.

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

L’attrice britannica, oggi famosa specialmente per essere protagonista e co-creatrice della trilogia horror di Ti West cominciata con X – A Sexy Horror Story, ha detto di aver apprezzato molto l’aspetto “provocatorio” del suo personaggio. “Non mi sottraggo mai a questo tipo di materiale e a questo tipo di film”, ha detto ai giornalisti.

“Trovo che all’interno di questo tipo di storie ci siano personaggi davvero impegnativi che mi permettono di esplorare sfaccettature di me stessa che non mi sento molto a mio agio a rivelare al di fuori di un set. Gabi è un personaggio molto vario e dinamico. All’inizio è una donna piuttosto dolce e senza pretese e alla fine del film la vediamo invece completamente selvaggia e scardinata, solo primordiale”, ha spiegato Goth.

Il personaggio di Skarsgard, invece, è uno scrittore in difficoltà, burattino di un gioco perverso e pericoloso. “Si capisce già nel suo primo incontro con Gabi che non gli ci vuole molto per seguirla come un cane affamato”, ha affermato l’attore. “È stato abbastanza divertente giocarci con quanto fosse credulone e quanto fosse facile manipolarlo. Volevo uscire dalla mia testa… buttarmi lì dentro, in questo mondo, e vedere cosa sarebbe successo. È un film così viscerale, in cui succedono tante cose”.

I due personaggi, però, sono uno lo specchio dell’altro, come suggerito da Goth. “Penso che Gabi possa ritrovare molto di se stessa in James. Ed è anche per via di questo riconoscimento che le è così facile rivoltarlo come un calzino. Perché hanno lo stesso background culturale, lo stesso status sociale e, cosa più importante, hanno entrambi una vita di insuccessi e di fallimenti. Hanno modi diversi di affrontare questa condizione, ma da dentro penso siano molto più simili di quanto sembri”, ha spiegato l’attrice.

Berlinale 73 | Brandon Cronenberg:“Un prossimo film tratto da Ballard”

Il film è in parte ispirato, per ammissione dello stesso regista, al romanzo di Super-Cannes di J. G. Ballard, pur non trattandosi di una vera e propria trasposizione fedele o ufficiale. “Adoro Ballard e in passato ho pensato spesso di adattare il suo libro per il cinema, ancora prima di realizzare Infinity Pool.

Quindi sicuramente c’è un po’ di questa influenza nel film. Non è la stessa cosa, ma sicuramente il mood è quello. Siamo attualmente in fase di trattativa con chi detiene i diritti di Super-Cannes per riuscire a realizzare un adattamento cinematografico nel prossimo futuro. Mi piacerebbe molto farlo”, ha annunciato il regista.

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Di Infinity Pool si è parlato, e si continuerà a parlare, specialmente per le sue scene più esplicite e disturbanti. “Non trovo particolarmente utile avere degli intimacy coordinators (figure che garantiscono il benessere di attori e attrici che partecipano a scene di sesso o ad altre scene intime in un film) sul set”, ha dichiarato Mia Goth.

“E probabilmente questo è dovuto al fatto che ho sempre lavorato con registi fantastici: sensibili, gentili e professionali. Come appunto Brandon Cronenberg. Spesso è meglio girare la scena senza perdere troppo tempo a discutere di cosa si può o non si può fare. È una situazione che crea più imbarazzo che altro. Se c’è fiducia tra gli attori e con il regista, basta quello”.

Cronenberg ha poi scherzato sulle notizie apparse sui giornali relative a degli spettatori, nelle diverse presentazioni del film in giro per il mondo, che hanno abbandonato la sala dopo essersi sentiti male davanti alle scene più disturbanti: “In realtà, poche persone hanno lasciato la sala durante queste proiezioni. Devo dire che siamo un po’ delusi. Forse non abbiamo fatto un buon lavoro. Quando abbiamo mostrato il film ai nostri amici, pochissimi hanno riso davanti all’umorismo molto perverso della storia. E pensavamo di essere spacciati. Invece il pubblico sembra averlo compreso”.

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