L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice: recensione in anteprima del film di Alain Guiraudie

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Jean-Charle Clichet in L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice – Fonte Foto: Ufficio stampa
L'innamorato, l'arabo e la passeggiatrice: recensione del nuovo film di Alain Guiraudie
3.6 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Al cinema dal 27 aprile 2023, distribuito da Satine Cult, L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice segna un grande ritorno dietro la macchina da presa. Alain Guiraudie, autore apprezzato per i precedenti Lo sconosciuto del lagoRester vertical, confeziona un’opera divertente e arguta.

La pellicola, passata con grande successo ed entusiasmo alla 40esima edizione del Torino Film Festival e scelta come apertura della sezione Panorama, al 72esimo Festival di Cannes, è una commedia agrodolce, dallo sguardo acuto e dal sarcasmo spinto.

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Una scena de L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice – Fonte Foto: Ufficio stampa

Jean-Charles ClichetNoémie Lvovsky e l’esordiente Iliés Kadri ne sono i brillanti protagonisti, rispettivamente nei panni dell’innamorato, della passeggiatrice e dell’arabo – che compongono il titolo italiano (traduzione del ben più poetico Viens Je t’emmène).

Tutto ruota, quindi, intorno a queste tre figure, ciascuna delle quali rappresentante di un particolare contesto, che vanno a incontrarsi e a incrociare i loro destini, in maniera talvolta assurda ed esilarante.

Surreale ma estremamente ancorato alla realtàL’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice regala momenti di vero spasso, insieme a riflessioni profonde su ciò che ci circonda e che popola il nostro ambiente. Senza traslasciare dettagli semplici ma fondamentali, nè abbellire per puro intrattenimento, si raccontano spaccati di vita da cui si resta colpiti e conquistati.

L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice | La trama

Médéric (Clichet, Gli amori di Anaïs) ha un lavoro che non lo appassiona, una casa nel paesino di Clérmont-Ferrand e l’abitudine di andare a correre. Un giorno prende coraggio e si dichiara a una donna, promettendole cose che nessuno le ha mai fatto provare.

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Jean-Charles Clichet e Noémie Lvovsky nei panni di Médéric e Isadora – Fonte Foto: Ufficio stampa

Isadora (Lvovsky, La brava moglie) di lavoro fa la prostituta, sebbene abbia un marito geloso e non troppo docile a casa. Mossa da un misto di curiosità e di tenerezza nei confronti di Médéric, accetta il suo numero di telefono e lo contatta, dandogli un appuntamento.

Proprio nel mezzo di un amplesso alquanto rumoroso e appagante, scoprono che, a pochi metri dall’albergo in cui si trovano, un attentato terroristico ha causato vari morti e feriti. La matrice dell’accaduto sembrerebbe islamica, motivo per cui, quando alla porta di Médéric si presenta Selim (Kadri), l’uomo è diffidente e circospetto.

Tra surrealtà e speranza

La trama de L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice perde un po’ di valore nel raccontarla, dal momento che una serie di situazioni al limite dell’incredibile la caratterizzano, man mano che va avanti, e la rendono memorabile.

Tante (forse anche troppe!) sono le tematiche che vengono tirate in ballo, andando a costruire un quadro ricco, variegato e veritiero. La diffidenza nei confronti degli stranieri, l’intolleranza e i pregiudizi fanno parte di una quotidianità ormai comune. Per quanto si tenti di combatterli, c’è sempre qualcosa che impedisce la totale integrazione.

La violenza non è – e non dovrebbe essere – la risposta migliore, ma a volte sembra l’unica possibile. Così il circolo senza fine ha inizio. E causa macchie di sangue sui palazzi, o ossa rotte per i poveri malcapitati, colpevoli o innocenti che siano, poco importa.

Se non altro, emerge un elemento di speranza e di progresso, nella caratterizzazione delle donne. Libere di scegliere se indossare un velo o dichiarare il loro amore per il sesso, le figure femminili del film sembrano un passo avanti ai corrispettivi maschili. A guidarli, accoglierli e sostenerli, nonostante tutto.