La recensione di Stranger Things 4: la serie Netflix fanta/nerd si tinge di horror

La quarta stagione di Stranger Things, l’acclamata serie tv originale Netflix nata nel 2016, si mostra finalmente ai fan (e magari a nuovi adepti) dal 27 maggio con i primi sette episodi e poi il 1° luglio con gli ultimi due.

Una produzione difficoltosa aggravata dalla pandemia che ha allungato i tempi, facendo sudare i supporter di questo mondo nerd, ma ottenendo 5 ore di Sottosopra in più rispetto alle precedenti stagioni, distribuite in puntate di un’ora e un quarto di media, con ulteriore dilatazione a un’ora e mezza circa per il 7° e 8° e 2h e mezza il 9°.

Cosa succede in Stranger Things 4

Dopo lo scontro del centro commerciale che concludeva la terza stagione, arriva una nuova mostruosa minaccia, più oscura e mentale delle precedenti. Il gruppetto di amici che conosciamo, con l’aiuto di nuove leve, dovrà dunque affrontare pericoli e avventure che non colpiranno più soltanto Hawkins, ma diverse zone del mondo e, cosa più importante, l’intima parte umana di ognuno di loro.

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Hawkins si tinge di horror

Primavera 1986, da qui si parte a raccontare le nuove disavventure che apriranno scenari inediti in un contesto sempre fedele ai fan e onesto negli intenti. Ѐ passato qualche mese dal punto in cui eravamo rimasti e una lettera, aiutata dalle parole di Undi in voice-over, ci racconta cosa ci siamo persi facendo furbamente il punto della situazione, dove li abbiamo lasciati e dove li riprendiamo.

Partiamo però ad analizzare subito le debolezze che non sono molte ma ci sono. Senza chiudere gli occhi da fan schierati a priori, ci si può render conto che questa quarta stagione soffre di qualche leggera altalenanza. In primis la lunghezza che finisce per creare mediometraggi che, seppur scorrevoli, diventano talvolta sbrodolanti.

In secondo luogo gli intrecci narrativi, che di tanto in tanto inciampano in dinamiche decisamente migliorabili con qualche buchetto di trama facilmente evitabile. Infine troviamo la difficoltà nel gestire 4 location in contemporanea, con personaggi in gruppi divisi, ambientazioni differenti e un procedere in parallelo, che ogni tanto risulta dispersivo.

Detto questo però, ciò che segue sono sostanzialmente solo meriti. Esplosiva, violenta e citazionista fin dall’intro, tra arti invertiti e risvolti di trama inaspettati, questa nuova stagione della serie nerd che ha dato il via alla tendenza nostalgica anni 80 degli ultimi anni, si tinge di un horror estremo, ma sempre attenta a non accantonare quelle venature fanta/nerd che ne hanno affermato il successo.

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Chi è Vecna, il nuovo villain di Stranger Things?

Una capacità di rinnovarsi sempre, stavolta con un villain che gioca a livello subconscio a differenza dei demogorgoni ad esempio, ma che al tempo stesso pur essendo meno carnale ha la capacità di essere ancora più viscerale, scrivendo nuove regole di un gioco che trae la proprie origini come di consueto da Dungeon&Dragons, questa volta con lo stregone oscuro Vecna in un panorama di certo più tenebroso dei precedenti.

Quel suo sentore cruento a livello mentale ci suggerisce icone come Freddy Krueger o Pennywise, dove la forza è alimentata dalle debolezze altrui, colpendo paure e frustrazioni della vittima. Audace autentica e cupa, la serie sa attingere dai cult senza copiare ma soltanto omaggiando in maniera funzionale e narrativa.

Mike e i suoi amici sono cresciuti

C’è poi tutta una parte più umana nel sottotesto di questa quarta stagione, un passato ingombrante che ci viene mostrato nella sua quasi totale interezza e di certo mai visto prima da così vicino. Protagonisti che crescono sempre più, portati ad affrontare situazioni e problematiche più adulte e che se a primo impatto può sembrare un difetto, perché i bambini che ci piacevano tanto ora non sono più bambini, in realtà la cosa crea sfumature interessanti.

Evolvono i rapporti, si stabiliscono nuove alleanze, persistono battibecchi simpatici (Dustin e Steve sempre mitici in questo), ma allo stesso modo nascono anche attriti che gettano un alone di amarezza, tra amicizie apparentemente troncate ed allontanamenti percepiti come tradimenti in piena regola.

Da un lato ci si avvicina legati da amore e amicizia, ma dall’altro ci si distingue imboccando strade diverse e minando di conseguenza quel senso di fratellanza. Una scelta matura e realistica che pone l’accento su eventuali contrasti e che sarà determinante nel definire il lato chiaro e il lato oscuro della situazione. Peccato che si risolva un po’ troppo in fretta, sarebbe stato preferibile un allungamento del diverbio tra le fazioni.

Stranger Things all’ennesima potenza

Ben approfondito poi tutto il sottosuolo narrativo che lega un tessuto denso di messaggi sociali, tra disturbi post-traumatici, bullismo di varie forme, difficoltà adolescenziali e un chiaro segnale di speranza, una ricerca di equilibrio, di rinascita ed elaborazione personale, facendosi strada in un tunnel dove in lontananza si scorge uno spiraglio di luce, nell’oscurità delle proprie ansie.

Una necessità di andare avanti, sia nel diegetico che all’esterno, portando una serie già vincente ad un livello superiore, senza mai scadere nel ripetitivo ed utilizzando il sociale come arricchimento di un contesto già forte di suo. Ragazze che se la sanno cavare da sole senza però marcare la cosa, cliché adattati all’attualità e tanti altri piccoli o grandi zuccherini ad ingolosire una torta già gustosa di suo.

A livello interpretativo poi nulla da obiettare, le vecchie conoscenze non fanno che consolidare l’innato talento e le nuove esordiscono in grande stile, uno su tutti Joseph Quinn che veste i panni del nuovo carismatico ed eccentrico nerd, Master del gruppo di giocatori di D&D, molto folle e spontaneo.

Pregiudizi, credenze, dicerie e passioni reputate in maniera dispregiativa negli anni 80 dai “fighi della scuola”, tanto che quando le cose si complicano, il giocoso “HellFire Club” viene visto addirittura come una setta di oscuri complottisti. Passiamo infine al reparto tecnico dove di certo si notano i passi da gigante fatti a partire dalla prima stagione in avanti. Cura minuziosa nel design estetico, dall’oggettistica al vestiario ricercato dal sapore vintage, passando per le diverse ambientazioni tra climi contrastanti e scenografie accurate, fino ad arrivare agli effetti sia tangibili con un lavoro magnifico di make-up, sia digitali con una computer grafica che seppur di tanto in tanto tentenni, nel complesso convince di certo.

La musica protagonista

Largo spazio alla musica, che gioca un ruolo non solo citazionista e di rimando all’immaginario comune del passato, ma anche rappresentativo in termini di chiave risolutiva. La regia poi in costante espansione, principalmente affidata ai fratelli Duffer (creatori di questo mondo) e a Shawn Levy (collaboratore fin dagli inizi), tra inquadrature capovolte e piani sequenza action degni di uno sparatutto, arricchisce i livelli narrativi donando un’accattivante profondità.

In conclusione dunque questo nuovo sguardo all’interno di un mondo di Cose Strane, vive sì di fantascienza horror, ma anche di un’intensità ben salda al reale, come solo chi ama e conosce veramente i cult anni 80 può fare. In attesa dunque della quinta ed ultima stagione, godiamo di questo quarto tsunami di cultura pop che travolge milioni di appassionati, in questa dimensione e non solo.