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Il Giffoni come l’Isola che non c’è per noi giovani giurati (video)

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Mi è stato domandato cosa vuol dire finire il Giffoni Film Festival in veste di giurata Generator +18. Spontaneamente ho risposto che è la stessa sensazione che si prova quando si ha un vuoto dentro, come se mancasse qualcosa. Non so se vi è mai successo o se magari chi sta leggendo ha condiviso la mia stessa esperienza, ma sta di fatto che per chi ama il Giffoni Experience, dover salutare la Cittadella del Cinema, non è mai una passeggiata. Il Giffoni Film Festival è il luogo dove i sogni prendono vita. Un’isola di pace e felicità, nella quale lo schifo che c’è nel mondo sembra non arrivare, tipo l’Isola che non C’è resa famosa da Peter Pan.

Da quando sono giurata (ben 4 anni) mi è sempre piaciuto paragonare il Giffoni al mondo di Harry Potter.  Per ogni ragazzo essere ammesso al Giffoni è la stessa sensazione che prova un maghetto ammesso ad Hogwarts. Prendere la navetta dal centro di Salerno è un po’ come superare il binario 9 e 3/4, arrivare a Giffoni Valle Piana è come vedere il Castello di Hogwarts, nel quale i 4150 giurati armati di borsa e t-shirt sono pronti a visionare e discutere dei vari film in concorso, divisi per categorie, a prescindere dal fatto di essere puro sangue o mezzo sangue.  Ovviamente tutto questo è possibile da 46 anni grazie al Direttore Claudio Gubitosi che ha preso il posto del grande mago Albus Silente. E poi ci sono Manlio Castagna, Luca Apolito e Gianvincenzo Nastasi, che rappresentano i vari professori, in questo caso i presentatori delle categorie +13, +16 e + 18 pronti ad ascoltare e discutere al termine delle proiezioni, con i tantissimi giurati pronti a valutare e recensire i film in concorso.

I giurati del Giffoni con Ricky Memphis

I giurati del Giffoni con Ricky Memphis

Chiusa la parentesi Potteriana, il Giffoni Experience è unione, amicizia, crescita, responsabilità, una vera palestra per chi magari è particolarmente timido o ha problemi a relazionarsi con le altre persone. Ma allo stesso tempo è il luogo ideale per chi ama il cinema, per chi adora condividere pensieri e parole in totale libertà, ed ha bisogno di una boccata d’aria fresca dalla monotonia della quotidianità. Essere giurati è un privilegio, poter far parte di questa grande famiglia è un onore che poche persone possono permettersi di raccontare, per questo motivo chi accetta di diventare giurato, deve essere consapevole che la serietà e l’onestà intellettuale deve essere consona alla situazione nella quale ci si trova. Il Giffoni Film Festival non è solo vedere lungometraggi e cortometraggi, ma rappresenta la possibilità concreta di poter incontrare talent nazionali ed internazionali del mondo del cinema e della musica, nel corso di questi dieci pomeriggi  all’interno della Sala Truffaut.

In questa edizione a trionfare è stato il cinema italiano, con la presenza di Valerio Mastandrea, Alessandro Borghi, Luca MarinelliClaudio Santamaria, il cast di Gomorra e Matteo Garrone che, a mio modestissimo parere, hanno arricchito in maniera positiva ed interessante le teste di tutti noi giurati, rispondendo in maniera schietta e sincera a tutte le domande (a volte davvero complicate) dei giurati presenti in sala, in particolar modo per quest’ultimo ospite, il quale ci ha regalato alcune clip tratte dal backstage de Il Racconto dei Racconti. Per quanto riguarda il lato internazionale, non saprei scegliere un talent su tutti gli altri. A partire da Sam Claflin, a Nicholas Hoult, a Mika fino a terminare con la Rachel Green di FriendsJennifer Aniston sono stati tutti estremamente disponibili e cordiali regalando una magia visibile negli occhi dei tanti ragazzi e ragazze accorsi nella sala per ascoltare e vedere da vicino i protagonisti dei loro film preferiti.  Avere la possibilità di ascoltare racconti e aneddoti esclusivi, scattare selfie o ricevere il tanto sudato (visto il caldo) autografo lungo il blue carpet, o ancor meglio, essere scelti per il photocall con gli artisti per le foto ufficiali delle varie testate giornalistiche, non è una cosa da tutti i giorni, anzi significa essere stati baciati della Dea della Fortuna e a dirla tutta, quest’anno di baci ne ho ricevuti ben tre (Ricky Memphis, Maccio Capatonda e il Maestro Matteo Garrone).

Cosa vuol dire fare il giurato al Giffoni Film Festival?

Inoltre tra le tante esclusive, sono riuscita a vedere delle grandiose anteprime cinematografiche quali: Alla ricerca di Dory, L’Era Glaciale 5, il romanticissimo e drammatico Io prima di te con Sam Claflin ed Emilia Clarke e il grandioso Ghostbusters con la divertentissima Melissa McCarthy. Se dovessi estrapolare una delle frasi che mi sono rimaste più impresse senza dubbio sceglierei quella di Jennifer Aniston, la quale, visibilmente commossa ha definito questa esperienza con noi giurati come una sorta di terapia. In effetti anche io la vivo in questo modo, questi dieci giorni rappresentano un momento di standby durante l’anno, durante i quali, problemi e preoccupazioni vengono messi un attimo da parte per far spazio alle proprie passioni ed emozioni che solo il cinema riesce a regalare.

Il vuoto dei primi giorni è la parte più difficile. Il silenzio della sveglia che non suona più alle 7 del mattino, nessuno che ti regala il cornetto caldo prima di entrare in sala, non ascoltare le note del valzer n.2 di Shostakovich che accompagna l’entrata in sala degli ospiti, le risate con gli altri colleghi giurati distanti km da casa, pasti al sacco divorati nella piazzetta principale, le partite a carte prima di andare in Cittadella… Per molti di voi tutti questi piccoli elementi non significheranno nulla, ma vi assicuro che una volta entrati a far parte della grande famiglia del Giffoni Film Festival, proverete i miei stessi sentimenti. A 48 ore dal termine di questa edizione, seppur contenta per i lunghi e i cortometraggi vincitori di quest’anno, è arrivato il momento di mettere da parte il badge, sistemare la borsa e le t-shirt impreziosite dai meravigliosi disegni del grande artista Gary Baseman, cercando di far trascorrere velocemente questi mesi che ci separano dal prossimo luglio 2017, con la mente già proiettata alla 47^ edizione del Giffoni Film Festival. Giffoni is life!

Il mio amore più grande?! Il cinema. Passione che ho voluto approfondire all’università, conseguendo la laurea magistrale in Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale a Salerno. I miei registi preferiti: Stanley Kubrick, Quentin Tarantino e Mario Monicelli. I film di Ferzan Ozpetek e le serie tv turche sono il mio punto debole.

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Franca Valeri: parla la figlia adottiva: “amavamo lo stesso uomo” | Come è successo

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Franca Valeri e Stefania Bonfadelli - Fonte: Corriere.it - newscinema.it

Franca Valeri e Stefania Bonfadelli – Fonte: Corriere.it – newscinema.it

Le rivelazioni da parte di Stefania Bonfadelli, figlia adottiva di Franca Valeri: ecco le sue parole sul suo rapporto con la madre.

La figlia adottiva di Franca Valeri Stefania Bonfadelli ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla vita privata e sentimentale di lei e della madre.

La cantante lirica e regista Stefania Bonfadelli ha voluto raccontare alcuni retroscena riguardanti la sua vita privata concentrandosi in particolar modo sul rapporto con la madre adottiva, ovvero la nota attrice, sceneggiatrice, drammaturga e regista teatrale scomparsa il 9 agosto del 2020.

Stefania Bonfadelli su Franca Valeri: “Con lei ho condiviso un uomo”

Tra i tanti argomenti toccati da Stefania Bonfadelli in merito al suo rapporto con Franca Valeri c’è quello riguardante la vita sentimentale delle due. Bonfadelli ha infatti dichiarato come abbia condiviso con la madre adottiva anche un uomo: si tratta per la precisione di Maurizio Rinaldi.

Rinaldi aveva avuto con Franca Valeri una relazione durata per ben quindici anni a partire dal 1963 fino ad arrivare al 1978. Maurizio viene descritto da Stefania come un uomo infedele e affascinante, con Franca che attraversò un momento di enorme difficoltà a causa del tumore al polmone affrontato dal suo compagno.

In seguito Stefania Bonfadelli ebbe però a sorpresa una relazione proprio con Maurizio Rinaldi. L’attrice ha parlato di come la madre adottiva fosse riuscita alla fine ad accettare con serenità la storia d’amore tra i due. Queste alcune delle sue parole: “Ci ha unite l’amore per la stessa persona. Aver amato in tempi diversi la stessa persona non sempre divide due donne, le può anche avvicinare. Non so perché è difficile da capire e apprezzare una situazione del genere“.

Stefania Bonfadelli sul rapporto con la madre adottiva

Franca Valeri - Fonte: Twitter - newscinema.it

Franca Valeri – Fonte: Twitter – newscinema.it

Stefania Bonfadelli si è ovviamente soffermata ampiamente anche sul suo rapporto generale con Franca Valeri. Le due si sono incontrate per la prima volta nel 1986 in occasione del Concorso Battistini organizzato proprio da Franca insieme a Maurizio Rinaldi.

Dopo diverse altre tournée insieme Franca Valeri ha poi deciso di adottare Stefania. Questo il racconto della diretta interessata: “A 88 anni Franca ebbe la polmonite. In ospedale mi chiesero se fossi una sua parente. Questa cosa la fece pensare. A quel punto mi disse che lei non aveva nessuno e che voleva che la accompagnassi nella vecchiaia. Così nel 2008 mi ha adottata anche se io e Franca non abbiamo mai vissuto insieme, abitavamo nello stesso palazzo ma su due piani diversi“.

In merito agli argomenti di discussione tra le due, Stefania Bonfadelli ha confidato come con la madre si ritrovasse molto spesso a parlare di musica, di cani e della dinastia dei Rori oltre che della guerra: “Non l’ho mai vista arrabbiata, ma quando fu ucciso Mussolini lei andò a piazzale Loreto. Mi disse di non aver provato pietà“.

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Festa del Cinema 2023 | Paola Cortellesi dà voce alle donne di ieri e di oggi “considerate nullità”

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RomaFF18 Paola Cortellesi

C’è ancora Domani al RomaFF18 – Newscinema.it

C’è Ancora Domani di Paola Cortellesi ha aperto la 18° edizione della Festa del Cinema di Roma portandoci indietro all’Italia degli anni ’40. Abbiamo seguito la conferenza stampa ed ecco cosa ci hanno raccontato i protagonisti.

Scritto da Furio Andreotti, Giulia Calenda e dalla stessa Paola Cortellesi, C’è ancora Domani è il film di apertura della Festa del Cinema di Roma 2023 che racconta una storia ambientata nella seconda metà degli anni ’40 a Roma puntando l’attenzione sulla condizione delle donne dell’epoca.

Girato in bianco e nero questo film alterna commedia e dramma per “raccontare la vita di quelle donne che nessuno ha mai celebrato” come ha detto Cortellesi in conferenza stampa, aggiungendo: “Avevo in testa l’immagine di uno schiaffone sulla faccia con cui questa donna che interpreto si sveglia e vive come una Cenerentola che fa le cose senza rendersene conto”.  

Delia è una donna che ricorda molte donne di quegli anni, quelle “nonne che mi hanno raccontato alcune storie che si consumavano nel cortile, donne che hanno creato il tessuto sociale del nostro paese, considerate sempre nullità. Donne che nessuno celebra, tra loro c’era una certa inconsapevolezza e non ci si rendeva conto della discriminazione e violenza che subivano. Non si ponevano domande perchè gli era stato insegnato che loro non contavano niente.

Paola Cortellesi: “L’insegnamento di mia nonna”

Mia nonna era una donna eccezionale, non erudita, ma mi dava molti consigli chiudendo sempre dicendo: “però che ne capisco io?”. “Attingendo dai racconti personali, abbiamo scritto C’è Ancora Domani e ovviamente anche grazie alla consulenza di Teresa Bertinotti per definire bene il contesto storico preciso della storia” ha sottolineato Paola Cortellesi che in questa occasione troviamo dietro e davanti la macchina da presa.

Paola ci ha dato questa immagine dello schiaffone di mattina come il buongiorno di quest’uomo e da lì siamo partiti per raccontare quelle donne” ha detto Furio Andreotti, ricordando che in fondo questo film pur parlando del passato risulta estremamente attuale. “Guardando al passato si parla anche delle donne di oggi, del presente. Il tono comico e divertente da commedia per noi è necessario soprattutto per raccontare un tema importante a cui teniamo per portare il pubblico dove vogliamo”.

Paola Cortellesi in C’è ancora domani – Newscinema.it (Foto: Claudio Iannone)

“Come se niente fosse”

Nonostante il film fosse molto realistico non volevo troppo realismo nella violenza, non mi piaceva perchè in un momento delicato e violento volevo scavalcare una sorta di voyeurismo e raccontarlo come un rituale che Delia si racconta in questo modo. La realtà c’è, ma nella sua testa va anche via perchè lei se lo lascia alle spalle e inizia la sua giornata come niente fosse, il che, secondo me, è la cosa più violenta e più grave…il ‘come se niente fosse’” ha fatto notare Cortellesi che, soffermandosi sul fulcro della sceneggiatura, ovvero la violenza sulle donne, ha condiviso un suo pensiero tra ieri e oggi.

“La dinamica è sempre la stessa: svilire una persona, isolarla etc…succede oggi e abitualmente in quelle case dell’epoca. La dinamica resiste anche se sono state fatte leggi, ma nella realtà il divario c’è ancora. Abbiamo voluto parlare di quanto queste cose che sembrano così lontane hanno fortissime radici nella vita contemporanee di molte, anche nella percezione che hanno queste donne di se stesse”. E, parlando della sua esperienza personale ha rivelato: “Una volta ho sentito un commento su un mio contratto del tipo ‘beh non male per essere una donna’, e non l’ho mai più voluto sentire ma è un dato di fatto. Ho avuto grandi opportunità nel mio mestiere e tutti dovrebbero avere lo stesso trattamento economico“.

c'è ancora domani Paola cortellesi

C’è Ancora Domani – Newscinema.it (Foto: Claudio Iannone)

“Gli uomini non sono cambiati, ma le donne sì”

In conferenza stampa Valerio Mastandrea chiamato in causa ha detto la sua sulla questione: “Da questo film si possono tirare fuori molte opinioni e convinzioni. Credo che l’unica differenza da ieri a oggi le donne oggi hanno più coraggio di ribellarsi, ma non è cambiato quello che trovano fuori. Le leggi non bastano, ci vuole un lavoro culturale, ci vorranno tanti anni, ma la donna è diversa. Negli anni 20-30 c’erano già donne ribelli che uscivano dagli schemi, anche a seconda delle varie regioni d’Italia, ma nell’uomo non c’è differenza tra ieri e oggi. Le generazioni che Paola ha raccontato le ha raccontate per capire di quanti alibi ha bisogno un uomo. Bisogna raccontare un uomo anche più debole, ma non perdente, così non si mette una maschera per fare quello che fa”.

Vinicio Marchioni che interpreta nel film un uomo buono e amante delle donne ha detto: “Paola mi ha spiegato subito la funzione del mio personaggio e sono stato molto contento di fare questo Nino innamoratissimo di lei. L’ho affrontato con leggerezza perchè penso che lui sia uno di quegli uomini che amano le donne di cui non si parla mai. Lui dona tenerezza e grazia in quel periodo storico a una donna come quella di Paola e per me il ruolo è stato bellissimo. Una specie di McGuffin meraviglioso”.

Emanuela Fanelli nei panni della migliore amica di Delia e spalla della Cortellesi nel film ha concluso: “Il ruolo di Marisa è l’amica del cuore di Delia, i momenti con lei sono di leggerezza con una persona che la guarda con amore che non è frequente per lei. La resistenza risaliva solo tre anni prima e le donne allora si sono viste altro dalle madri e mogli. Tutto era giovane e stava iniziando, ci si guardava in modo diverso. Il personaggio di mio marito appartiene a un ceto sociale basso, ma è un uomo splendido. Mia nonna era molto simile a Marisa, quindi ho preso ispirazione da lei”.

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Festa del Cinema di Roma 2023: i film che ci faranno sicuramente piangere

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Una scena dal film Past Lives (fonte: IMDB)

Una scena dal film Past Lives (Fonte: IMDB) – Newscinema.it

La Festa del Cinema di Roma 2023, quest’anno dedicata a Giuliano Montaldo, compie 18 anni. Tanti i film che saranno presentati in anteprima nazionale. Scopriamo quelli da cui siamo certi che usciremo in lacrime.

Anche la Festa del Cinema di Roma, quest’anno, deve fare i conti con lo sciopero degli attori americani. L’assenza di grandi nomi sul red carpet, però, sarà compensata da un ricco programma di anteprima. Ecco quali sono i cinque film che, secondo noi, ci faranno commuovere e ci strazieranno il cuore.

The Boy and the Heron

Il primo del maestro Miyazaki dai tempi di Si alza il vento – che uscì nel 2013, dieci anni fa – è ambientato in Giappone durante la Seconda guerra mondiale e per alcuni aspetti è forse il suo film più autobiografico. Protagonista è un ragazzo di nome Mahito, orfano della madre dopo un devastante incendio.

Il padre di Mahito si risposa con la sorella della moglie, Natsuko, e si trasferisce con la famiglia in una casa in campagna. Lì Mahito scopre una torre misteriosa e incontra un airone parlante secondo cui sua madre sarebbe viva e prigioniera nella torre. Quando Natsuko entra nella torre senza più uscirne, il ragazzo decide di seguirla per salvarla e si ritrova in un mondo fantastico.

Una scena di The Boy and the Heron (fonte: IMDB)

Una scena di The Boy and the Heron (Fonte: Lucky Red) – Newscinema.it

Past Lives

Chi lo ha visto in anteprima a Berlino, lo definisce come uno dei film più commoventi e toccanti di questo 2023. Due amici di infanzia si perdono e si ritrovano. Seguiamo l’evolversi della loro relazione in tre archi temporali, in cui i due si sfiorano continuamente senza mai aver modo di esprimere pienamente quel sentimento che li ha tenuti insieme, nonostante la distanza e le separazioni, in tutti questi anni. Ispirandosi al fatalismo amoroso dello “in-yuan”, proprio della tradizione coreana legata alla reincarnazione, quello di Celine Song è un film di grande potenza che dice molto dell’amore inespresso e incompiuto.

Je’vida

Je’vida promette di essere un affascinante e toccante viaggio nel passato, un film in bianco e nero e in formato 4:3 che trascina lo spettatore in un mondo di memorie dolorose e identità perdute. Storia di resilienza e di indissolubili legami ancestrale che è quella di Iida (Sanna-Kaisa Palo: una donna che ha abbandonato la sua comunità e la sua famiglia. La regista Katja Gauriloff (di origine finnico-Skolt) esplora la distruzione delle civiltà indigene a causa di un’assimilazione forzata alle culture e politiche dominanti.

Alba Rohrwacher e Filippo Timi in Mi fanno male i capelli (fonte: IMDB)

Alba Rohrwacher e Filippo Timi in Mi fanno male i capelli (fonte: IMDB)

Mi fanno male i capelli

Il film diretto da Roberta Torre racconta la storia di una donna di nome Monica (Alba Rohrwacher), che perde la memoria e che ritrova un senso nella sua vita solamente identificandosi nei personaggi interpretati da Monica Vitti. Accanto a lei c’è Edoardo (Filippo Timi), l’uomo che l’ama così immensamente da prestarsi a questo “gioco” nella speranza che questa sua immedesimazione la possa effettivamente salvare. Il titolo del film è una citazione della famosa frase pronunciata da Vitti in Deserto Rosso (1964) di Michelangelo Antonioni.

Mur

L’esordio alla regia di Kasia Smutniak è un documentario girato nel suo Paese natale: la Polonia. Un diario intimo ma anche un atto di accusa, un viaggio difficile che inevitabilmente finisce per infrangersi contro muri vecchi e nuovi: da quello del ghetto ebraico, di fronte al quale Smutniak è cresciuta, a quello costruito dal governo polacco sul confine con la Bielorussia per non permettere ai migranti provenienti dalla Siria di raggiungere il Paese.

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