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28 anni dopo, recensione: nudità infette contro un’umanità disintegrata

Crudo e violento, il terzo capitolo del Boyle Universe, 28 anni dopo, rialza le sorti della saga aprendo però un pericoloso scenario futuro.

3.1 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Arriva al cinema il 18 giugno grazie a Eagle Pictures, una nuova macabra avventura del filone zombie movie. A diciotto anni da 28 settimane dopo e a ventitré dal capostipite 28 giorni dopo, le sale cinematografiche ospitano 28 anni dopo. Se le redini del secondo film erano state lasciate allo spagnolo Juan Carlos Fresnadillo, qui invece torna l’accoppiata vincente Alex Garland e Danny Boyle, rispettivamente in sceneggiatura e regia.

Cosa racconta il film?

Sono trascorsi quasi trent’anni da quando il virus della rabbia è fuoriuscito da un laboratorio militare, trasformando il mondo in un incubo post-apocalittico. Nonostante una lunga e spietata quarantena, alcuni esseri umani sono riusciti a sopravvivere, vivendo isolati in aree sicure. Uno di questi rifugi è una piccola isola, collegata alla terraferma soltanto da una stretta strada sopraelevata e pesantemente sorvegliata.

Danny Boyle e il cast sul set di 28 anni dopo
Danny Boyle e il cast sul set di 28 anni dopo (Foto: Ufficio stampa) – Newscinema.it

In questo angolo remoto e precario di normalità, un gruppo di sopravvissuti cerca di ricostruire una parvenza di vita. Quando uno di loro intraprende una pericolosa spedizione verso l’interno del continente, si trova però di fronte a una realtà sconvolgente: il virus ha mutato non solo gli infetti, ma anche ciò che resta dell’umanità. In un mondo devastato, niente è più come prima, e il pericolo non arriva soltanto dai mostri noti.

28 anni dopo: un viaggio di crescita

Che sia per la minaccia costante degli infetti o per malattie incurabili contratte “naturalmente”, l’umanità è allo sbando. Il mondo che poteva dirsi normale è oggi in crisi, e dopo 28 anni dall’esposizione a questo virus le cose si sono stabilizzate in una sorta di limbo infernale.

Gli infetti girano come zombie assassini, organizzati in clan con degli Alfa (più grossi e più forti degli altri) a fare da guida. Tra suoni assordanti, fastidiosi versi e vastissime aree immerse nella natura, vedremo i nostri protagonisti fuggire di continuo ma anche affrontare, quando necessario, queste bestie spietate.

Jodie Comer in una scena di 28 anni dopo
Jodie Comer in una scena di 28 anni dopo (Foto: Ufficio stampa) – Newscinema.it

Di certo è dura trovare la forza per andare avanti in un mondo del genere, ma l’istinto di sopravvivenza mescolato all’amore per i propri cari porteranno un ragazzino a compiere un vero e proprio viaggio, sia fisico che personale. 28 anni dopo si presenta infatti come un tipico action movie post-apocalittico che tocca l’horror e la fantascienza attraverso un contesto profondamente distopico, ma a conti fatti si può senza dubbio etichettare anche come road movie.

Spike (alias Alfie Williams) macina infatti un sacco di chilometri durante il suo cammino e, prima col padre poi con la madre ma anche da solo, lo vediamo addestrarsi sul campo, combattere, compiere scelte vitali e traumatiche, ragionare per la giusta causa invece di rimanere nell’ombra. Coerente e sensibile, seppur di tanto in tanto fragile come la sua età suggerisce, passa dall’inconsapevole e inesperto ragazzino a quello che potrebbe definirsi un uomo adulto che ha già formato il proprio carattere.

Perchè girarlo con degli iPhone?

“È uno strumento meraviglioso per gli attori, soprattutto per quelli più esperti, perché li tiene col fiato sospeso”

, ha detto Boyle. “Da attori professionisti di solito imparano a conoscere la posizione delle telecamere, gli obiettivi e cosa stanno facendo, ma questo nuovo approccio li spiazza e li coglie costantemente di sorpresa.”

Le riprese di 28 anni dopo sono state realizzate, infatti, con dispositivi odierni, più precisamente con tanti iPhone incorporati in attrezzature speciali. Scegliendo questi come ferri del mestiere, il regista ha potuto catturare (ha detta sua) “180 gradi di visione” e portare gli spettatori “dentro la scena”. Ha inoltre dichiarato in conferenza stampa di aver spesso affidato agli attori le riprese, attaccando i dispositivi sul loro corpo.

Vero è che, sia per via di questa scelta sia per quella di effettuare riprese volutamente un po’ vintage, la qualità non sempre è all’altezza delle attrezzature cinematografiche attuali. Ciò che è certo però, è che l’effetto quasi amatoriale, soprattutto negli inseguimenti, è esattamente ciò che Boyle cercava.

Ralph Fiennes in una scena di 28 anni dopo
Ralph Fiennes in una scena di 28 anni dopo (Foto: Ufficio stampa) – Newscinema.it

Un futuro preoccupante

Coeso e ben ritmato questo 28 anni dopo disseta le aspettative e restituisce in pieno il tono richiesto. Non stupisce di certo con fuochi d’artificio ma regala qualche piccola scena madre memorabile. Nessuno spavento profondo né pretesa di originalità, ma il risultato è senza dubbio migliore di quello precedente (del 2007).

Il problema allora dove sta? Beh, oltre a qualche momento un po’ imbarazzante (o cringe se preferite il linguaggio giovanile), è il finale che distrugge tutto il mood. Giustificato da quella che si potrebbe chiamare “impronta Boyle”, identifica il suo stile ma rovina l’atmosfera.

Oltre a questo, come chiarito dal regista in conferenza stampa, quella chiusura con quei personaggi sconosciuti ma già così impattanti, è una chiara apertura verso i sequel e i nuovi veri villain. Questo 28 anni dopo, infatti, è solo il primo di una nuova trilogia di cui già è stato girato anche il secondo capitolo (intitolato 28 Years Later Part II: The Bone Temple) diretto da Nia DaCosta (Candyman, The Marvels).

Un’operazione molto coraggiosa ma anche piuttosto azzardata, visti i tempi. Volendolo leggere tra le righe, questo è un film sulla famiglia, sulle scelte, sulla voglia di cambiamento e di migliorare il futuro evitando di seguire le orme fallate dei propri genitori. Un film fortemente influenzato dal covid nella scrittura, che lascia spazio a qualche parentesi d’ironia per stemperare la tensione, intervallando momenti visivi di validissimo make-up ad altri in computer grafica non ottimale.

Scene potenti che denotano scambi di solidarietà femminile, perfettamente integrati nel contesto, e dimostrazioni di umanità ritrovata, in scenari diametralmente opposti. Gli infetti si sono evoluti in diverse tipologie, come ormai siamo abituati a vedere in ogni universo narrativo di questo tipo, ora come procederà questo turbinio di devastazione? Sarà una buona idea quella di cavalcare l’onda, nuovamente, a distanza di tutti questi anni e soprattutto più e più volte? Lo scopriremo presto.

Lorenzo Usai
Lorenzo Usai
Contraddistinto da una passione cinefila quasi maniacale, cresciuta in me come una vocazione, cerco ogni giorno che passa di scoprire sempre di più, farmi esperienza, parlare e scrivere di questo magico mondo. Fin da piccolo sono sempre rimasto incantato dal cinema, la sala, l’enorme schermo davanti a me e tutte le storie che mi portano dentro ad infiniti mondi, vivendo esperienze come in prima persona. Insomma i film emozionano, insegnano, confortano, incoraggiano, divertono, sono una potenza reale e concreta, per me non sono un passatempo ma un vero stile di vita.

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