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Beau ha paura spiegato da Ari Aster | Guida per comprendere il film, o almeno provarci

Joaquin Phoenix in Beau ha paura (fonte: IMDB)
Arriva anche nelle sale italiane il surreale e ipnotico film Beau ha paura, nuovo lungometraggio dell’istrionico e controverso Ari Aster. Lo avete visto e ci avete capito poco? Ecco che arriva in soccorso la spiegazione dello stesso regista.
Come nel capolavoro di James Joyce, anche in Beau ha paura osserviamo un protagonista in balia degli eventi attraversare un’Odissea interiore, che esaspera una vicenda di per sé relativamente ordinaria e intima in un inarrestabile flusso di coscienza. Cerchiamo di venirne a capo grazie all’aiuto del regista Ari Aster.
Dove è ambientato Beau ha paura?
L’aspetto più straniante di Beau ha paura, almeno all’inizio, è che si svolge in un mondo interamente immaginario. Beau torna a casa dopo la seduta dal suo terapeuta per vagare per una strada che sembra una variazione post-apocalittica di The Warriors, con personaggi facinorosi e violenti che scorrazzano per l’isolato sudicio attorno all’angusto appartamento del protagonista, desiderosi di entrare. Il film è stato girato sul set a Montreal. Ari Aster ha tappezzato un intero isolato con pubblicità false, pagine di quotidiani inventati e graffiti volgari (alcuni dei quali disegnati da lui). L’ambiente gli ha permesso di creare un mondo immersivo denso di figure colorate ed eccentriche che circondano Beau e contribuiscono al senso di minaccia che lo insegue ad ogni angolo.
Possono venire alla mente film come il kafkiano Fuori Orario di Martin Scorsese, ma in realtà Aster ha dichiarato di essersi ispirato a Playtime di Jacques Tati, dove l’intricata scenografia e la complessa messa in scena contribuisce all’umorismo slapstick. “Soprattutto nella prima sezione del film, stavo pensando a Tati”, ha dichiarato il regista. “Volevo che ogni attore di sfondo fosse importante quanto ciò che stava accadendo in primo piano, e ho davvero dedicato tanto tempo a creare non solo un mondo con edifici, pubblicità e poster, ma anche assicurandomi che queste persone sembrassero realmente appartenere a questo mondo. Mi sono perso nella creazione di un arazzo”.
Aster ha conservato diversi documenti di Google con piccoli dettagli che voleva inserire nel mondo, molti dei quali non sono però entrati nel film. “Se il nome di una band o di un prodotto mi faceva ridere, lo annotavo”, ha dichiarato.
“Avevo un Google Doc pieno di tantissimi nomi stupidi”. Anche se il viaggio di Beau è strano e surreale, Aster ha però tenuto fede alla logica interna del suo spazio immaginario. “Quando vedi l’impegno che è stato messo in qualcosa di così denso di dettagli, in cui l’artista ha messo così tanta attenzione nel costruire qualcosa, penso che come spettatore tu ti senta rispettato”, ha detto Aster.
Le paure di Beau
Il suo terapeuta (Stephen McKinley Henderson) prescrive a Beau un farmaco immaginario chiamato Zypnotycril, ma i potenziali effetti collaterali nel prenderlo senza acqua conducono solo a un maggiore terrore esistenziale. Aster, quindi, racconta i farmaci come un ulteriore elemento di ansia piuttosto che un sollievo per tutto il film.
Lo stesso regista ha detto di aver evitato per lungo tempo i farmaci che gli erano stati prescritti per affrontare le proprie ansie. “Ho paura dei farmaci”, ha ammesso il regista. “Probabilmente mi avrebbero aiutato, ma sono uno che non fa nulla alla leggera. Le cose possono andare male. Tutto può andare storto. Ed è quello che penso prima di ingoiare qualsiasi pillola”.

Joaquin Phoenix in Beau ha paura (fonte: IMDB)
Questa paura che tutto debba andare necessariamente male è anche l’essenza della performance iperbolica di Joaquin Phoenix, che Aster ha lasciato quasi completamente a briglie sciolte. Beau vive nella costante paura che gli accadano cose terribili, in parte perché nulla di buono gli è mai accaduto. Quel concetto astratto si manifesta costantemente sul volto dell’attore, moderno Giobbe la cui fede (o, più banalmente, la cui sanità mentale) viene messa a dura prova da un mondo che sembra accanirsi su di lui.
Qual è il significato di Always Be My Baby di Mariah Carey?
Verso la fine del film, Beau ha finalmente un attimo di tregua. È l’unico momento in cui Aster concede al suo protagonista di sperimentare una specie di catarsi, anche se non per molto. Il grande momento nella camera da letto di Beau è reso speciale dall’uso della hit di Mariah Carey del 1995 “Always Be My Baby”, inserita nella colonna sonora. Beau, naturalmente, è rimasto il bambino di sua madre per tutta la sua travagliata età adulta e sembra essere per sempre legato al suo sguardo giudicante.
Le implicazioni di “Always Be My Baby” colpirono subito Aster, che scelse di collocare la canzone su quella scena ancora prima di ottenere i diritti. “Sapevo di volerlo fin dall’inizio”, ha spiegato. “Si è scoperto che era impossibile da sostituire nel film. Ho cercato di trovare qualcosa che fosse più economico. Ma conoscevo solo quella canzone e l’idea di usarla durante quella scena mi faceva ridere”. Alla fine, Aster ha scritto una lettera a Mariah Carey chiedendo il suo permesso per utilizzarla. Il permesso è stato concesso, ma ciò non ha sollevato la produzione dal pagamento dei diritti. Il regista, poi, ha finalmente incontrato la cantante alla premiere del film a Los Angeles.
Perché il finale si svolge in uno stadio?
Beau ha paura culmina con il suo protagonista che viene messo sotto processo per aver maltrattato sua madre, davanti ad uno stadio gremito. Non ci vuole uno sguardo particolarmente sofisticato per notare qualche somiglianza con un cinema.
Il sottotesto, come spiega Aster, è che abbiamo giudicato Beau tanto quanto sua madre per tutto il tempo. “Speriamo che in qualche modo il pubblico possa vedersi allo specchio”, ha detto il regista. Mentre traiamo piacere dal dolore di questo pover’uomo, Aster non può fare a meno di dare una sferzata alla complicità sadica del suo pubblico.
Director’s Cut
Nel 2019, Aster ha rilasciato un director’s cut di 171 minuti di del suo precedente Midsommer, che ha aggiunto quasi mezz’ora di materiale al film originale. Beau ha paura, che dura poco meno di tre ore, probabilmente non riceverà lo stesso trattamento. “Sono molto contento di questo montaggio”, ha detto Aster. La prima versione del film durava addirittura 3 ore e 27 minuti. “Ci sono punti in cui mi sono opposto ad ulteriori tagli, ma sono molto contento di come è adesso. C’è stato un periodo in cui volevo assolutamente che fosse più lungo. Ma ora sono felice”.
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I film sui loop temporali: quando la giornata si ripete | #MadVision

I film sui loop temporali – Newscinema.it
Sono tanti i film e le serie tv che ruotano intorno al loop temporale, e non passano mai di moda. A voi piacciono?
Per la rubrica #MadVision questa volta riflettiamo sui film la cui sceneggiatura ruota intorno al loop temporale, giornate che si ripetono sempre uguali fino a quando succede qualcosa che cambia il corso degli eventi.
Questa struttura la conosciamo bene, esistono moltissimi titoli realizzati in questo modo che in un modo o nell’altro hanno conquistato pubblico e critica e sono rimasti anche nella storia del cinema come piccoli e grandi cult.
Il loop temporale al cinema
Ogni tanto esce un film fatto così e c’è chi li ama e chi li odia. Fin da piccolo ricordo che a me hanno sempre incuriosito, mi attirano istintivamente, quasi come se mi rapissero nel loro divertente vortice.
Ovviamente come per tutto, il prodotto deve essere brillante nella messa in scena, ancor di più oggi che la lista di sceneggiature simili si è ampliata parecchio. Di seguito il post che ho dedicato all’argomento sul mio profilo Instagram @Madraine8 (se ancora non mi seguite date un’occhiata e fatemi sapere che ne pensate).
Visualizza questo post su Instagram
Edge of Tomorrow, Ricomincio da Capo, Palm Springs e l’horror Auguri per la tua Morte sono solo quattro titoli che ho selezionato per poi chiedere a voi altre idee e confrontarci insieme su questo filone di storie che gioca con il tempo sovvertendo presente, passato e futuro.
Se vi va diteci i titoli che vi vengono in mente, film o serie tv, incastrati in un loop temporale nei commenti qui sotto o su Instagram e buon viaggio nel tempo!
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I 10 film da vedere almeno una volta nella vita

Una scena de Lo Squalo (fonte: IMDB) – Newscinema.it
I film da vedere almeno una volta nella vita sono quelli che, possibilmente, la vita te la cambiano, suggerendoti un nuovo modo di guardare il mondo attorno a te. Ecco quali sono, secondo noi, dieci titoli che bisogna assolutamente aver visto se si è appassionati di cinema.
Sarebbe impossibile stilare una lista esaustiva dei film “imprescindibili”, quelli che bisogna aver visto almeno una volta nella propria vita. Inevitabilmente, i titoli scelti variano in base ai gusti e alle esperienze personali di ogni spettatore. In questo articolo, quindi, tentiamo in maniera assolutamente parziale di suggerirne dieci da poter inserire nella propria “bucket list”.
Metropolis
Il più grande film di fantascienza della sua era. Alla sua uscita, Metropolis sconcertò il pubblico, diventando poi un’opera d’impatto inesauribile sull’intera storia del cinema. Fantasia distopica su un mondo verticalmente diviso, l’avveniristica città dell’intelletto e del potere e il sottosuolo della forza lavoro, Metropolis è un capolavoro che trascende il proprio mai risolto messaggio sociale: rivoluzione o conciliazione?

Una scena di Metropolis (fonte: IMDB) – Newscinema.it
Lo Squalo
Quello di Spielberg è stato il primo grande film girato in mare aperto e, di conseguenza, con una produzione travagliata e complicatissima, superando il budget e i tempi di lavorazione previsti anche a causa delle difficoltà tecniche che la storia prevedeva. Nonostante ciò, è stato il prototipo del blockbuster estivo, considerato uno spartiacque nella storia del cinema e come un momento di svolta per l’avvento della Nuova Hollywood.
L’estate di Kikujiro
Non c’è forse film migliore di quello di Takeshi Kitano per avvicinarsi con grazia a quell’umorismo a noi (occidentali) sconosciuto del cinema giapponese, alla sua peculiare visione del mondo e delle relazioni tra persone. Ne L’estate di Kikujiro emerge una forma di tenerezza impossibile da spiegare a parole e tutta contenuta nella rivelazione finale. Più che un film, un’epifania.
I 400 colpi
«Quello di Truffaut è il film più arrogante, più orgoglioso, più testardo, più ostinato, in due parole, il film più libero del mondo. Moralmente parlando. E anche esteticamente». Così scriveva Jean-Luc Godard, commentando I 400 Colpi. Un inno alla libertà, ai sogni, alle illusioni e anche all’innocenza rubata di una adolescenza che a stento fatica ad affacciarsi all’età adulta.

Scena del film Il Monello (fonte: IMDB) – Newscinema.it
Il Monello
Poco più di un secolo ci divide dal capolavoro eterno con cui Charlie Chaplin, per la prima volta, fece ridere e piangere gli spettatori di tutto il mondo, mescolando farsa e poesia, melodramma e comicità slapstick, e raccontando la condizione umana e i sentimenti più profondi attraverso la storia di un bambino abbandonato e di una famiglia reinventata.
Otto e Mezzo
Al suo ottavo film e mezzo, Federico Fellini realizza un potente autoritratto, privo di reticenze, specchiandosi in un regista sorpreso da un’improvvisa crisi creativa, in preda a visioni fantasmatiche del passato e in balia dei rimorsi derivanti dalla sua contraddittoria vita privata. Sarebbe diventata la pietra angolare di tutto quel cinema che vuole raccontare sé stesso e il modello di riferimento per tutti i grandi registi che hanno voluto, ad un certo punto della loro carriera, parlare di loro e del loro lavoro.
Akira
Katsuhiro Otomo scrive e dirige adattando il suo manga omonimo e realizza uno dei più importanti lungometraggi anime di sempre, acclamato manifesto dell’immaginario cyberpunk anni Ottanta, emblematico del binomio carne/metallo, della visionarietà fantascientifica del genere. Da solo trasformò il cinema animato giapponese in un prodotto buono per l’occidente, il primo del suo tipo ad essere distribuito in sala.
Una Separazione
Vincitore dell’Oscar 2012 per il miglior film straniero e dell’Orso d’Oro alla Berlinale, è il film più maturo di colui che viene indicato come il più rilevante cineasta iraniano contemporaneo: Asghar Farhadi. Un film che colpisce, prima di tutto, per una nuova grana stilistica, per complessità narrativa, per limpidezza formale e per il racconto senza sconti di un conflitto familiare che incrocia lo spirito del tempo di un intero Paese.

Sylvester Stallone in Rocky (fonte: IMDB) – Newscinema.it
Rocky
Cambiare la propria vita è possibile. Sempre. È l’ideale americano fondamentale che Rocky racconta meglio di tutti. Un pugile di quart’ordine si prepara ad un grande incontro attraverso una volontà di ferro e un’obiettivo per il quale sacrificare tutto il resto. Quella scritta da Sylvester Stallone sarà per i decenni a seguire il prototipo delle storie che vogliono raccontare la strada per il successo e il percorso da seguire per cambiare sé stessi e diventare migliori.
Persona
«Sento che con Persona – e più tardi con Sussurri e Grida – sono giunto al massimo a cui posso arrivare, e che in tutta libertà tocco segreti senza parole, che solo la cinematografia può mettere in risalto». Parola di Ingmar Bergman, uno dei più grandi artisti del Novecento, autore di una filmografia che è una gigantesca opera inesauribile: tornare ai suoi film, anche quelli che credevamo di conoscere meglio, vuol dire scoprire ogni volta qualcosa che non avevamo saputo vedere, che non avevamo saputo ascoltare.
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5 film che al cinema sono stati un disastro e su Netflix hanno avuto un enorme successo

Una scena del film Lanterna Verde (fonte: IMDB)
Nell’affollato catalogo Netflix ci sono alcuni titoli che, per ragioni spesso inspiegabili, sono diventati dei veri e propri campioni di streaming nonostante la loro discutibile qualità.
Film che sono arrivati in sala ottenendo recensioni terribili e scarsi risultati al botteghino ma che, una volta sbarcati sulla piattaforma online, sono stati visti da milioni di persone in tutto il mondo.
Dal luglio del 2021, Netflix ha reso disponibile un sito su cui chiunque, abbonato e non abbonato, può consultare i film e gli show più popolari del servizio negli Stati Uniti e in tutto il mondo.
La maggior parte di questi titoli sono prodotti dalla stessa Netflix, come Stranger Things, Glass Onion: A Knives Out Mystery, Wednesday, The Irishman, Bridgerton e Pinocchio di Guillermo del Toro. Ma anche ora che Netflix sforna regolarmente decine di ore di contenuti originali ogni mese, la società si affida spesso a contenuti concessi in licenza da studi esterni per coprire un grande segmento del loro catalogo. Tra questi, ci sono alcuni film disastrosi che, per motivi spesso ignoti, si sono rivelati dei grandi successi (almeno a livello di riproduzioni) sulla piattaforma di streaming. Scopriamo quali.

Jeff Bridges e Ryan Reynolds in R.I.P.D. (fonte: IMDB)
Lanterna Verde
All’epoca della sua uscita il film diretto da Martin Campbell ricevette quasi esclusivamente recensioni negative, ottenendo un punteggio tutt’altro che lusinghiero di 39 su 100 sull’aggregatore Metacritic. Proprio a causa dello scarso successo, Ryan Reynolds ha affermato di non volere più tornare a lavorare sul personaggio, escludendo un suo coinvolgimento futuro per un possibile reboot. Nonostante ciò, il film è stato visto da tantissime persone una volta che è stato reso disponibile su Netflix. Sarà bastato questo tardivo riconoscimento (almeno per il personaggio) a far cambiare idea al suo protagonista?
Mother’s Day
Dopo Pretty Woman, Appuntamento con l’amore e Capodanno a New York, Garry Marshall, specialista del genere, firmò un’altra sfilata di cuori ardenti e una galleria di star (Julia Roberts, Jennifer Aniston, Kate Hudson, Jason Sudeikis, Jennifer Garner, Héctor Elizondo, Robert Pine). Sarebbe stato il suo ultimo film da regista prima della sua morte. Anche in questo caso Mother’s Day è stato distrutto dalla critica e snobbato dagli spettatori in sala, per poi ottenere una seconda vita sulla piattaforma streaming.
R.I.P.D.
Il film tratto dall’omonimo fumetto ideato da Peter M. Lenkov e pubblicato dalla Dark Horse Comics è stato un flop clamoroso botteghino, incassando 78 milioni di dollari a fronte di un budget di 130 milioni, ed è stato accolto con recensioni negative. Nonostante ciò, forse grazie al carisma e alla popolarità dei suoi due attori protagonisti, ovvero Jeff Bridges e Ryan Reynolds, è stato riscoperto da milioni di persone in streaming. Al punto che nel novembre 2022 è stato persino prodotto un prequel direct-to-DVD, senza però i due attori principali.

Matt Damon in Elysium (fonte: IMDB)
Elysium
Dopo che District 9 si rivelò un grandissimo successo a sorpresa, Sony decise di finanziare con più di 100 milioni di dollari il successivo film del regista Neill Blomkamp, per permettergli di espandere le sue audaci visioni fantascientifiche a proporzioni epiche. Il risultato, però, non incontrò le aspettative dei fan, con risultati tiepidi al box-office. Ma i curiosi fan di Blomkamp (e probabilmente anche alcuni curiosi fan di Matt Damon) si sono riversati su Elysium quando è apparso su Netflix qualche anno fa. Se Netflix dovesse dare il via libera ad un seguito del film, ora sapere il perché.
Kick-Ass 2
A fronte di un budget di 28 milioni di dollari, nel primo weekend di distribuzione Kick-Ass 2 venne proiettato in tremila sale statunitensi, generando un incasso pari a 13 milioni di dollari. L’incasso totale del film è stato di 60 milioni, di cui 29 provenienti dai botteghini statunitensi. Sicuramente non un “flop”, ma neanche il successo che in molti si aspettavano. Nonostante ciò, il film è stato a lungo uno dei più visti in streaming su Netflix, forse anche grazie alla presenza di Jim Carrey: uno degli attori più amati dagli abbonati, che non perdono l’occasione di tanto in tanto per rivedersi qualche suo vecchio film.
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