The Last of Us | Impressioni a caldo sul primo episodio

Bella Ramsey e Pedro Pascal in The Last of Us
Bella Ramsey e Pedro Pascal in The Last of Us (fonte: HBO)

È finalmente disponibile su Sky e Now Tv la prima puntata dell’attesissima serie The Last of Us, tratta dall’omonimo videogioco targato Sony. Ecco le nostre impressioni iniziali.

La storia degli adattamenti televisivi e cinematografici dai videogiochi è costellata di clamorosi fallimenti, risultati mediocri, ma soprattutto infiniti (e necessari) tradimenti rispetto al materiale originale.

Questo perché in passato la componente narrativa dei videogiochi è sempre stata caratterizzata da un linguaggio profondamente diverso da quello del cinema o della televisione, da aver bisogno di diversi aggiustamenti per funzionare.

Pedro Pascal in una scena di The Last of Us
Pedro Pascal in una scena di The Last of Us (fonte: HBO)

Con The Last of Us tutto questo è cambiato. Il gioco di Naughty Dog da cui la serie è tratta aveva già in partenza un impianto narrativo e visivo mutuato da quello che siamo abituati a vedere in tv o sul grande schermo, e per questo, per la prima volta, il team HBO si è trovato ad adattare un titolo per Playstation con la necessità di prestare attenzione alla fedeltà e non con il compito di modificarlo per renderlo fruibile su di un mezzo diverso.

Craig Mazin (creatore di Chernobyl) ha lavorato con Neil Druckmann (designer e sceneggiatore del videogame) per creare una serie in grado di restituire le sensazioni e le atmosfere di quel gioco, cercando di non puntare esclusivamente sulla trama (comunque abbastanza archetipica e sempliciotta), ma lavorando in maniera maniacale sulla messa in scena e sulla recitazione.

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Pedro Pascal (già protagonista di un altro cripto-western come The Mandalorian) inventa un Joel abbastanza diverso da quello originale, molto più duro e severo, e così fa Bella Ramsay (già Lyanna Mormont in Il trono di spade), attenta a creare un personaggio ambivalente, che respinge e poi chiama a sé la simpatia dello spettatore.

La prima puntata della serie, che in teoria dovrebbe riproporre l’iconico inizio del videogioco, sintetizza perfettamente l’approccio degli showrunner a questo adattamento. L’episodio comincia con una sequenza inedita, allontanandosi dal materiale originale, per poi tornare ad esso replicandone persino le inquadrature.

È una dichiarazione di intenti, che rivela la volontà di seguire il videogioco con una precisione fuori dal comune e allo stesso tempo di concedersi la possibilità, dentro quel mondo riproposto così maniacalmente, di trovare qualcosa di nuovo, di autonomo e personale.

The Last of Us | un adattamento tra fedeltà e tradimento

La serie televisiva di The Last Of Us sembra aver compreso davvero cosa rendeva, al netto del gameplay, il gioco così affascinante.

Non la lotta contro funghi e spore, e neanche (o almeno non soltanto) il legame che tiene insieme i due protagonisti, bensì la descrizione di una nuova quotidianità in un ambiente devastato e desolato, in un far west senza legge, e di cosa accade o cosa rimane dell’umanità di ognuno in quel contesto così spietato.

Una scena della serie
Una scena della serie (fonte: HBO)

Scegliendo questo metodo, la nuova serie HBO si pone in netto contrasto con le altre saghe televisive che hanno reso grande il network: rinuncia al cast corale e invece di affrontare più storie per riempire le sue molte ore con una narrazione stratificata e sottotrame parallele, affronta un unico racconto con grandissima minuzia, lavorando tantissimo per contestualizzarlo in un mondo che da solo riesce a dire tantissime altre cose.

Se da un libro occorre spesso operare una sintesi, ridurlo alle cose essenziali, per un videogioco come The Last of Us bisogna fare l’opposto: approfondire quello che era accennato, trovare nuovi spunti di interesse negli elementi che nel gioco erano marginali.

Si tratta della decisione più intelligente possibile, perché valorizza il materiale originale senza considerarlo migliore di quello che effettivamente è, prendendo atto che quella storia così canonica e stereotipata ha un senso cinematografico-televisivo solo se raccontata creando attorno ad essa un mondo più di ciò che accade al suo interno.