Pensando agli sport orientali, difficilmente verrebbe in mente il calcio, ma al FEFF di Udine il film indonesiamo A Kick From Heaven racconta la storia di un giovane ragazzo di sedici anni che vive in un piccolo villaggio chiamato Langitan e sogna di diventare calciatore professionista. Come la maggior parte dei ragazzi europei, Wahyu, interpretato da Yosie Kristanto, ama il gioco del calcio e, anche se la sua vita è umile e semplice, con il padre che vende bevande calde come ambulante e la mamma casalinga, i suoi piedi sembrano avere un talento speciale e uno scapestrato allenatore del posto se ne accorge, invitandolo a diventare parte della squadra di calcio locale. Il padre è estremamente contrario a questa sua passione, a causa di una ferita che ha radici nel passato, ma il talento di Wahyu piano piano è sulla bocca di tutti fino ad arrivare al Coach Timo, allenatore della famosa squadra indonesiana Persema, in cui gioca tra gli altri il calciatore Irfan Bachdim.

Nonostante lo scontro con il padre e la paura di ferirlo, la giovane promessa accetta la sfida e inizia a far conoscere il suo talento anche ai piani alti, ma quando sembra che il sogno si stia realizzando, bussa alla porta anche un problema fisico che minaccia di diventare serio qualora Wahyu continuasse a calciare il pallone a livello professionista. A Kick From Heaven è uno dei film orientali che in questa edizione del FEFF accorciano la distanza tra Oriente e Occidente, facendo quasi dimenticare della location, raccontando una storia molto familiare e attuale, dove non mancano momenti di riflessione e preoccupazione ma i veri protagonisti sono il sorriso, l’umorismo la voglia di realizzare un sogno, anche se sembra così impossibile. “L’unica cosa che non è impossibile in questo paese è diventare ladri” afferma il padre di Wahyu, sottolineando forse il messaggio di questo film diretto dal regista Hanung Bramantyo, che vuole gridare al mondo che anche in un paese come l’Indonesia, ricco di miseria e problemi di vario tipo, non bisogna smettere di credere che un avvenimento o un incontro straordinario sia dietro una porta ad aspettarti.

Un film fresco, semplice, genuino che fa sorridere, con una regia altrettanto scanzonata che si prende in giro da sola con scene in slow motion e una fotografia molto colorata. Curiose e suggestive la scena dell’allenamento tra le montagne del Monte Bromo e quella del discorso finale del padre di Wahyu che riesce ad esprimere tutta la sua frustrazione per non essere riuscito a diventare quello che voleva, ma anche l’estremo amore per il figlio che alla fine diventa la sua totale rivincita.