Nel panorama delle commedie italiane arriva un film dal tono non convenzionale e coraggioso. Alla sua seconda opera da regista, Matteo Rovere sceglie di raccontare un universo di personaggi, estremamente attuali, che vivono spiazzati dalla perdita di punti di riferimento. Gli Sfiorati, così li definisce il personaggio di Claudio Santamaria, sono quelle persone che riescono ad attraversare gli eventi, dai più quotidiani ai più drammatici, con leggerezza. Un atteggiamento nei confronti della vita di cui parlava Sandro Veronesi alla fine degli anni ottanta, nel romanzo da cui appunto è tratto il film. Ma se nel libro, alle vicende narrante fa sfondo l’ottimismo spensierato di un’ Italia immersa in un benessere ovattato, gli sfiorati di Rovere sono figli dei nostri giorni, persone dall’esistenza precaria, dall’identità forte ma irrimediabilmente sfumata. Siamo di fronte ad una rivoluzione antropologica come afferma il personaggio di Claudio Santamaria, unico punto di vista concreto, con i piedi saldamente ancorati per terra. Al centro della vicenda, Mete (Andrea Bosca), un giovane grafologo, ancora scosso dalla morte della madre, e Belinda (Miriam Giovannelli), sua sorellastra, scapestrata adolescente spagnola. Due estranei, in fondo, legati da un padre poco presente che si sta per sposare con la madre di Belinda. Costretti a dividere lo stesso appartamento nel centro di Roma, tra i due crescerà un’ attrazione sempre più forte e incontenibile.

Attorno a loro gravita tutto un universo di personaggi fuori posto. Il padre (Massimo Popolizio) arricchito proprietario di una squadra di calcio, incompreso, che finalmente riesce a sposare la donna che ha sempre amato. Damiano (Michele Riondino), giovane agente immobiliare, che ambisce allo stile di vita degli appartamenti extra lusso che vende, e dove invita ragazze fingendosi il proprietario. Bruno (Claudio Santamaria), grafologo con cui Mete lavora, divorziato con una figlia e senza più casa. Beatrice Plana (Asia Argento), PR delle feste della borghesia romana, di successo, ambita, depressa, che passando da un uomo all’altro sogna di avere una relazione normale, fatta di cenette e DVD. A fare da sfondo a queste derive, una Roma borghese, quasi patinata. Il racconto, sviluppandosi in una struttura circolare, riesce a dare una forte struttura a un tema, questo della sfioratezza, molto complesso da rappresentare. La passione incontenibile nei confronti della sorellastra, nucleo attorno al quale ruotano le vicende, e vera ossessione di Mete, cresce per tutto il film, esplodendo in una scena erotica fortemente coinvolgente. La questione morale dell’incesto, che aleggia nel rapporto tra i due fratellastri, funzionale al racconto, muta il suo significato, di fronte ad un finale amaramente spensierato. Rovere costruisce meticolosamente ogni scena in funzione del cuore della storia, con un attenzione particolare ai propri attori, riuscendo a creare situazioni e personaggi divertenti, a volte al limite del grottesco ( come Damiano o il padre di Mete), in un continuo cambiamento di registro. Se tutti gli attori sono perfettamente in parte, soprattutto il bravo Andrea Brosca, a spiccare per originalità è Asia Argento, che gioca con ironia con il suo personaggio di femme fatale. Al suo personaggio viene affidata forse l’unico gesto chiaramente positivo, nei confronti della propria vita.

 

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