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Interviste

La Sindrome di Antonio, intervista esclusiva al regista Claudio Rossi Massimi

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Il 17 novembre arriverà nelle sale italiane il film La sindrome di Antonio, scritto e diretto da Claudio Rossi Massimi e tratto dal suo libro omonimo pubblicato nel 2005. La pellicola narra il viaggio del giovane Antonio Soris (Biagio Iacovelli), nel settembre del 1970, sulle orme di Platone nella Grecia dei “colonnelli”. Durante il suo percorso il protagonista incontra una affascinante ragazza, Maria (Queralt Badalamenti), di cui si innamora perdutamente, ma anche tanti personaggi caratteristici della meravigliosa penisola ellenica: dallo zoppo proprietario di una locanda (Antonio Catania) al ristoratore greco un po’ filosofo (Moni Ovadia), passando per il pittore silente interpretato da Giorgio Albertazzi, alla sua ultima apparizione sul grande schermo prima della sua scomparsa.

Abbiamo avuto modo di intervistare il regista del film e di farci raccontare cosa si nasconde dietro il viaggio di Antonio e dietro la sua “sindrome”. Ecco cosa ci ha detto.

la sindrome di antonio

Perché hai sentito la necessità di trasporre il tuo romanzo sul grande schermo ? È un modo per raggiungere un pubblico più ampio o pensi che il mezzo filmico possa effettivamente aggiungere qualcosa alla narrazione ?

In realtà non c’è stato un vero motivo. Tutti coloro che avevano letto il mio romanzo mi dicevano: “guarda che questo è un film”, “questa è già una sceneggiatura, ne verrebbe fuori un film molto bello”. E io alla fine mi sono lasciato convincere dai miei collaboratori e dai miei amici. Ma, come tu ben sai, per fare un film ci vogliono i finanziamenti. Una volta trovati questi finanziamenti, si è fatto. È chiaro, però, che un film raggiunge più persone di un romanzo, perché la gente preferisce andare al cinema piuttosto che leggere (ride, ndr)

Tra i protagonisti della storia c’è sicuramente la Grecia. A fronte delle vicende più recenti e delle difficoltà che questo Paese ha dovuto affrontare negli ultimi tempi, qual è il debito che noi europei abbiamo verso la cultura greca ?

Il nostro debito è enorme. I greci sono il popolo che ha inventato due cose fondamentali: la filosofia e la democrazia. Io dico sempre che la nostra cultura, la nostra civiltà, ha tre madri: la Grecia, per questi due elementi, l’Italia, per il diritto romano e il Rinascimento, e la Francia, per l’Illuminismo.

Antonio non nasconde certamente i suoi ideali sessantottini. Qual è oggi il tuo parere su quel periodo ? Ha portato alle rivoluzioni auspicate o, come sostengono in molti, le speranze si sono infrante contro un muro che non si poteva abbattere ?

Il film è proprio questo. È la delusione e l’accettazione di un fallimento, perché quello che avremmo voluto fare in quegli anni non è stato fatto. Ma, nonostante tutto, io continuo a sostenere che il sessantotto, chiamiamolo così genericamente, ha portato un miglioramento del nostro vivere quotidiano di grande importanza che molti oggi dimenticano. Pensa solo alla condizione della donna, alla conquista del divorzio o dell’aborto. Sono tutte conquiste di quel movimento. Movimento che, ricordiamo, all’inizio era assolutamente pacifista, lasciando stare le deviazioni che sono successe dopo. Teniamo conto che il sessantotto nasce dal movimento dei famosi figli dei fiori, che erano quelli non violenti per eccellenza. In quegli anni si protestava contro la guerra in Vietnam. Qualcosa di veramente importante c’è stato sicuramente. Non a livello politico, però. A livello politico è stato un fallimento.

claudio rossi massimi La Sindrome di Antonio

Il tema del viaggio è caro alla mitologia ellenica e non solo, e in qualche modo anche il viaggio dello stesso protagonista ha qualcosa di mitologico. A quale eroe del passato paragoneresti Antonio?

Diciamo che sarebbe un po’ esagerato, ma nel nostro immaginario letterario il viaggiatore per eccellenza è Ulisse, che compie il suo lungo viaggio per tornare a Itaca. Il viaggio però era importante allora. È proprio in quegli anni che nasce la voglia di andare a conoscere qualcosa di diverso, di uscire dai propri confini, di vedere come è fatto il mondo al di là del tuo naso. Anche questo fa parte della rivoluzione culturale e sociale di quegli anni. Viaggiare significava “andare a vedere”, conoscere direttamente qualcosa che prima non si conosceva.

Una scena che mi ha colpito è quella in cui Maria e Antonio sono seduti in un locale dove si suona solo musica straniera, anziché quella popolare greca, il rebetiko, che sottintende uno spirito rivoluzionario e sovversivo. Ho pensato che in quel momento tu volessi sottolineare come il regime dei colonnelli operasse anche attraverso la sottrazione e la omologazione della cultura. È così?

È sicuramente così. In quegli anni in Grecia bisognava stare attenti a quello che si diceva e a quello che si faceva, perché il regime dei colonnelli è stato un regime molto duro. La storia di Vassilis (il personaggio interpretato da Antonio Catania, ndr) e della sua gamba, che è il risultato degli interrogatori della polizia politica del colonnello Papadopoulos, ne è la testimonianza.

Giorgio Albertazzi in La Sindrome di Antonio

Giorgio Albertazzi in La Sindrome di Antonio

Il film segna l’ultima apparizione sullo schermo di Giorgio Albertazzi prima della sua scomparsa. In che maniera è stato coinvolto nel progetto ?

Questa è una storia molto bella. Io, come tutti i registi, quando si fa il cast miro sempre in alto, cercando sempre il massimo per interpretare i miei personaggi. Poi generalmente il produttore ti guarda storto e ti dice: “ma sei matto ? Quello costa troppo”, o cose del genere. Io ho avuto un produttore, Lucia Macale, che invece mi ha dato retta. Mi ha assecondato e mi ha detto: “in ogni caso proviamo”. Allora quando le dissi che per la figura di Klingsor ci vedevo benissimo Albertazzi, perché mi servivano i suoi occhi, il suo viso, la sua espressione, lei lo andò a trovare in teatro e gli portò la sceneggiatura. La mattina dopo lui telefonò dicendo che aveva passato la notte a leggere la sceneggiatura, che gli era piaciuta tantissimo e che quindi accettava di interpretare il personaggio.

Puoi dirci qualcosa, prima di lasciarci, sui tuoi progetti futuri ?

Adesso devo realizzare un docufilm su di un libro pubblicato da Papa Francesco sulla sua idea di arte. È un’ operazione che verrà fatta riprendendo e illustrando alcune opere dei Musei Vaticani, e non solo, per spiegare la sua idea di arte un po’ particolare.

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Carlo Verdone, l’attrice della sua serie terrorizzata: fiumi di sangue ovunque | VIDEO

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Verdone scioccato – Newscinema.it

L’attrice di Vita da Carlo 2 ha vissuto un’esperienza assurda che l’ha segnata e fatta crescere, come persona e come professionista. 

La giovane attrice romana è stata ospite della rassegna cinematografica Castiglione del Cinema 2023 e abbiamo avuto il piacere di incontrarla e realizzare una video intervista esclusiva con lei.  Ludovica Martino è diventata la star dei teenager con la serie tv SKAM Italia, è attualmente protagonista della seconda stagione di Vita da Carlo su Paramount Plus. A Castiglione del Lago ha incontrato il pubblico, ripercorrendo la sua carriera tra cinema e serie tv.

A fine Ottobre ad Alice nella Città Martino presenterà Resvrgis, il suo primo film horror che le ha richiesto uno sforzo fisico non indifferente, ma soprattutto le ha permesso di andare oltre i limiti e mettersi alla prova superando alcune paure personali. Un’esperienza forte e coinvolgente che non dimenticherà molto facilmente.

Ludovica Martino condivide la sua esperienza “da incubo”

Nella video intervista qui sotto, realizzata dal nostro partner YouTube MADROG, Ludovica Martino confessa i dettagli più inquietanti e curiosi di questa avventura sul set di un film horror indipendente diretto da Francesco Carnesecchi che promette alta tensione, una buona dose di suspance ma anche molto sangue.

“Non ho mai corso così tanto, faceva freddo, fango ovunque” ha raccontato l’attrice, aggiungendo poi alcuni particolari su alcune scene particolarmente sanguinolente che difficilmente dimenticherà.

Resvrgis: la trama del film

Resvrgis è un thriller in cui una battuta di caccia si trasforma in una lotta per la sopravvivenza, annientando i confini tra prede e predatori. A vestire i panni dei protagonisti, alcuni tra i giovani attori più promettenti del panorama cinematografico nazionale: Ludovica Martino, Beatrice Fiorentini, Blu Yoshimi, Beatrice Modica, Daniele Mariani e Thomas Santu.

Una prova fisica e psicologica per la giovane attrice romana con una carriera in continua ascesa che è iniziata sul grande schermo con il film Il Campione, seguito da Sotto il Sole di Riccione, Mio Fratello Mia Sorella, I Migliori Giorni, per citarne alcuni.

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Interviste

Paolo Genovese rivela il suo rituale: “Lo faccio da quando avevo 14 anni” | Intervista esclusiva

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PAOLO GENOVESE

Intervista a Paolo Genovese – Newscinema.it

Il 30 Settembre Paolo Genovese è stato ospite alla prima edizione di Castiglione del Cinema. Lo abbiamo incontrato ed ecco cosa ci ha raccontato in una video intervista esclusiva.

Sul palco con il Direttore Artistico Emanuele Rauco, il regista di successi come Tutta Colpa di Freud, The Place, Immaturi e Perfetti Sconosciuti, ha tenuto una masterclass a Castiglione del Cinema 2023 per parlare del mestiere del regista, di cinema e della sua carriera. A fine Ottobre sarà alla Festa del Cinema di Roma con la serie tv Leoni di Sicilia, solo ultimo lavoro che andrà in onda su Disney+, ma ricordando i suoi esordi ha raccontato soddisfazioni e delusioni con umiltà e sincerità.

Incantesimo Napoletano è stato il primo corto che ho fatto in assoluto ed è stato selezionato al Festival di Locarno. Lì davano molta attenzione ai giovani poiché i corti selezionati venivano proiettati prima dei film importanti in una piazza che è probabilmente il più grande cinema all’aperto del mondo. Nemmeno quando ho vinto il David ero così emozionato e quando è toccato a me il corto è stato proiettato completamente sfocato per un errore tecnico. Mi veniva da piangere, eppure ho vinto con la motivazione che avevo avuto il coraggio di aver raccontato una storia di disagio per la tecnica del fuorifuoco e mi ha segnato per sempre”.

Il “piccolo rituale” di Paolo Genovese

“Ho cominciato a scrivere le mie primissime cose a 14 anni forse 13, perchè mi regalarono una Olivetti Lettera 32 con cui cominciai a giocare. Da allora la prima scena di tutti i miei film io la scrivo con quella Olivetti Lettera 32, è il mio piccolo rituale. Solo la prima scena, perchè altrimenti mi ci vorrebbe più tempo a scriverla che a pensarla” ci ha rivelato in una video intervista che potete vedere per intero qui sotto grazie al nostro canale YouTube MADROG (se non siete ancora iscritti cliccate qui, è gratuito e sarete aggiornati sui vari nuovi video pubblicati di cinema e serie tv).

“In Italia si fa poca cultura in generale, ma soprattutto poca cultura del cinema e quindi i vari valorosi direttori di festival che si sobbarcano l’onere di organizzare questi eventi per fare in modo che i professionisti del grande schermo possano incontrare il pubblico e trasmettere l’esperienza diretta e la passione per questa arte credo sia veramente importante e un modo per avvicinare il pubblico al cinema” ha osservato il regista romano, riflettendo sul modo per riportare i giovani in sala.

Come riportare i giovani al cinema

“Quando si conosce si ama, conoscere la storia del cinema, quanto amore e quanta passione c’è dietro a un film probabilmente ti fa venire voglia di vederlo nel suo massimo splendore. I film sono pensati per essere proiettati in una sala cinematografica, sia per la qualità dell’audio e del video, sia per la condivisione delle emozioni con il pubblico, sia per potersi prendere due ore di tempo e farsi raccontare una storia” ha detto.

“Per i giovani sicuramente c’è la concorrenza delle piattaforme che ben venga, un nuovo modo di fruire le storie con tv, iPhone o iPad in qualunque momento e luogo. Non lo demonizzo, va benissimo, ma dobbiamo preservare la sala cinematografica perchè l’emozione che ci dà un film in sala non sarà mai equiparabile un film a casa o su lo smartphone. Inserire nelle scuole dei corsi di cinema credo sia qualcosa di fondamentale, se ne parla da tanto ma non si è fatto molto. La cultura è l’unico modo per riavvicinare i giovani, come la musica o il teatro. Poi ovviamente c’è anche una responsabilità da parte degli autori perchè comunque non è un automatismo, faccio un film che il pubblico deve vedere. Noi autori dobbiamo meritarci il pubblico, e quindi abbiamo la responsabilità di raccontare storie interessanti e accattivanti” ha aggiunto Genovese.

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Festival

Svevo Moltrasio: “Mi piacciono i film che lasciano in sospeso” | video intervista a Castiglione del Cinema 2023

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Svevo Moltrasio Gli Ospiti

Svevo Moltrasio a Castiglione del Cinema – Newscinema.it

Svevo Moltrasio, famoso youtuber e regista italiano, ha presentato in anteprima a Castiglione del Cinema 2023 il suo primo film Gli Ospiti. Lo abbiamo intervistato ed ecco cosa ci ha raccontato.

Dopo un percorso produttivo tortuoso e un crowdfunding riuscito, Svevo Moltrasio riesce a portare in sala il suo primo film, gli Ospiti, che arriverà nelle sale il 12 Ottobre 2023. L’anteprima ha avuto a luogo a Castiglione del Lago in occasione della prima edizione della rassegna cinematografica Castiglione del Cinema, a cura del Direttore Artistico Emanuele Rauco.

Il famoso youtuber italiano che ha iniziato la sua avventura sul web raccontato la vita degli italiani in Francia, dopo aver vissuto molti anni a Parigi, è tornato in Italia per provare a rivoluzionare il cinema italiano che spesso non è abbastanza coraggioso da dare fiducia a progetti indipendenti.

La video intervista a Svevo Moltrasio

Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Svevo Moltrasio sulle sponde del Lago Trasimeno subito dopo la proiezione de Gli Ospiti al Nuovo Cinema Caporali, una sala di riferimento per Castiglione del Lago che ha riaperto dopo una ristrutturazione capillare durata anni.

“Ho sempre scritto, diretto e montato da solo fin da quando facevo i corti a vent’anni. Quindi faccio fatica a non farlo, ho bisogno di avere il controllo totale di tutto e finché sono progetti indipendenti ci riesco. Poi la scrittura e il montaggio sono le fasi che preferisco” dice Moltrasio nella video intervista.

Gli Ospiti: di cosa parla

Durante una nottata in un casale nella campagna romana, dieci personaggi, perlopiù amici sui 30 e 40 anni, sono costretti a un confronto a suon di attriti, incomprensioni e sorprese che li metteranno a più riprese uno contro uno, tutti contro uno e uno contro tutti. Un film che ricorda le litigate del cinema di Muccino, o la struttura narrativa di Perfetti Sconosciuti e le commedie alleniane, ma denuncia una forte identità d’autore.

Moltrasio non nasconde le influenze di cineasti che ama da sempre come Woody Allen, Roman Polanski, ma spera di proporre le storie con una cifra stilistica personale. “Questo è un film in cui i personaggi si confrontano costantemente, e ho inserito temi di attualità proprio per rendere tangibile la scrittura di questo gruppo che si muove anche tra gli stereotipi volutamente” ha sottolineato.

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