Berlinale 74: Another End, la recensione | Quanto è difficile dire addio per sempre

Another End recensione
La recensione di Another End (Foto: Berlinale) – Newscinema.it

Il nuovo film di Piero Messina, Another End, sbarca alla Berlinale 2024 portandosi dietro un cast internazionale e tanta voglia di stupire con originalità e riflessioni stratificate.

Review 0
3.4 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Un’Italia coesa e audace è quella che quest’anno ha segnato la 74esima edizione del Festival di Berlino. Lo ha fatto con più di un titolo, ad esempio Gloria!, l’esordio di Margherita VicarioDostoevskij, la serie tv dei f.lli D’Innocenzo. Ma oggi ci concentriamo su Another End, il nuovo lungometraggio di Piero Messina che arriva a Berlino dopo L’attesa del 2015, presentato a Venezia.

Come per quest’ultimo, anche il nuovo progetto è in concorso al Festival e vede Gael García Bernal protagonista assoluto.
Il film, diretto e in parte scritto dallo stesso Messina, arriverà nelle sale italiane il 21 marzo grazie a 01 Distribution.

Un soggetto intrigante

Sal, un uomo che ha da poco perso la moglie, sprofonda nell’irreparabile vuoto totale dovuto alla costringente mancanza. La sorella prova così a consolarlo, incoraggiandolo a provare Another End, una tecnologia innovativa utile a elaborare il lutto.

Si tratta di un metodo che permette di impiantare la memoria e l’intera personalità della persona deceduta, all’interno di un corpo ospite. Nella teoria però, questo funziona solamente se lo si fa per poche sedute, giusto il tempo di ammortizzare il brusco distacco.

Come avrete capito i nostri protagonisti sceglieranno strade alternative che li condurranno inevitabilmente verso scenari imprevisti. Tenero e molto romantico, il film persiste dal primo all’ultimo minuto sul concetto di dislocazione della percezione. Da un lato emerge pressante la domanda: il corpo è solo un involucro che può essere cambiato a piacimento?

E dall’altro: la vita e al tempo stesso le scelte che fai, sono un gioco di prospettive che mutano in base al punto da cui le si guarda? Il film cerca di metterti in guardia fin da subito, ma tu spettatore non hai i mezzi per capirlo e diventa così obbligatorio quanto necessario, il percorso in cui ti addentri per 129 minuti.

Berenice Bejo Another End
Berenice Bejo in Another End – (Foto: Berlinale) – NewsCinema.it

La chiave filosofica dietro le immagini

Il film è pieno di domande filosofiche continue. Ed è giusto che queste domande rimangono aperte, in un mondo in cui al contrario bisogna sempre dare risposte”: queste le parole di Bernal in conferenza stampa. L’attore si è detto immediatamente affascinato dall’idea di Messina ed entusiasta all’idea di partecipare al progetto.

L’opera infatti pone svariati quesiti esistenziali, evitando però di risolverli o posizionarsi marcatamente in un territorio piuttosto che un altro. All’opposto dà in mano allo spettatore gli strumenti per intraprendere la propria strada. “L’immagine finale è da dove tutto è partito. Ho creato un mondo alternativo iniziando da quella scena e pensando via via a cosa fosse contestualizzato oppure no.”

Così ha dichiarato invece il regista, intervenendo sulla questione relativa all’idea d’origine della storia. Il film nasce quindi da un percorso fantascientifico con una buona dose di dramma e quella tensione emotiva che non sempre funziona, ma di certo si avverte.

Gael Garcia Bernal in Another End
Gael Garcia Bernal in Another End (Foto: Berlinale) – Newscinema.it

Another End: una linea chiara da seguire

Un’ottima composizione delle immagini incornicia un lungometraggio intenso e mai dilatato, che evidentemente punta a un linguaggio internazionale. Tanto nell’impianto scenico quanto nel cast, l’impronta stilistica che adotta Messina per raccontarci questa avventura distopica, è fuori dai consueti binari del cinema nostrano.

Incuriosisce destabilizzando, propone senza dettar legge e innesca un’amalgama di sensazioni, utili a empatizzare con i protagonisti. Tutto questo grazie alla sua struttura forgiata su più livelli. Digerendolo man mano, allo spettatore sarà sempre più chiaro quanto in un modo o nell’altro il film si ponga come un titolo difficile da passare inosservato.

Un’opera dunque che si apre con una perdita, poi cerca la via giusta per abituarsi a questa e conclude il suo viaggio regalandoti la possibilità di decidere il futuro. Ovviamente non è perfetto, spesso si dimentica di calibrare ogni minuzia perché tutto abbia un cardine univoco, ma pur inciampando qua e là, quando arriva il buio sullo schermo e poi i titoli di coda scorrono, ciò che ti dici immediatamente è: “ce ne fossero di film così”.