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RFF: David Goyer presenta Da Vinci’s Demons, la nuova serie su Leonardo

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La masterclass con David Goyer, moderata da Mario Sesti, è stata, senza dubbio, l’evento più atteso della sesta edizione del Roma Fiction Fest. Il talentuoso sceneggiatore e filmmaker hollywoodiano è arrivato nella capitale italiana per presentare, per la prima volta, il suo nuovo progetto: Da Vinci’s Demons, di cui sono apparse le prime immagini. Goyer, co-sceneggiatore della trilogia su Batman diretta da Christopher Nolan e ora occupato nella stesura di un nuovo capitolo della saga cinematografica di Superman, Man of Steel, ha voluto incontrare il pubblico e la stampa per raccontare della serie in 8 episodi sulla vita di Leonardo Da Vinci, che verrà trasmessa in Italia il prossimo aprile sul canale FOX. Un uomo. Un genio. Leonardo Da Vinci è il personaggio intorno cui ruoterà la serie che verrà trasmessa in 120 paesi del mondo, proponendo lo straordinario talento artistico e scientifico di uno dei più grandi geni dell’umanità, perno centrale della grande stagione del Rinascimento. Pittore, scultore, poeta, inventore, scienziato, ma anche uomo passionale, sognatore e idealista: Leonardo Da Vinci. È questa la storia che verrà riproposta in Da Vinci’s Demons.

Come è arrivato ad occupare questo crocevia di generi? Come è riuscito ad usare nel modo più giusto la sua creatività? Ci può raccontare come si è trovato a lavorare in questi mondi così diversi?

Da bambino leggevo molti fumetti. Io volevo fare il detective della squadra omicidi a Detroit, ma, per fortuna, alcuni dei miei insegnanti consigliarono a mia madre di non permettere questo, piuttosto di esortarmi a scrivere, a fare film. Così mi hanno portato ad entrare in una scuola di cinema a Los Angeles. Ho venduto la mia prima sceneggiatura a 21 anni e sono stato molto fortunato: non ho mai avuto un vero lavoro.

Se lei dovesse indicare i libri e i film alla base della sua versatilità quali gli hanno dato di più per il raggiungimento dei suoi linguaggi?

Le mie ispirazioni nel cinema sono sicuramente Star Wars, C’era una volta il west, L’uomo che volle farsi re, Lawrence d’Arabia. Tra i libri, adoro autori come Borges, O’Connor, Jean Woolf, noto scrittore di fantascienza, e Alan Moore, che mi ha ispirato molto.

Dopo aver mostrato le prime, straordinarie immagini di Da Vinci’s Demons, Goyer ci tiene a sottolineare che quello di Roma è “il primo pubblico che vede qualcosa tratta da questa folle serie che abbiamo realizzato, sono felice di concedervi questo primo estratto di un montaggio ancora in lavorazione. Da questo montaggio si può capire il senso della serie.”

Stamattina in conferenza stampa ha dichiarato che la storia si svolge quando Leonardo ha circa 30 anni, ossia quando non abbiamo una documentazione scritta di ciò che gli accade. Quando si ambienta una cosa in un passato già noto, c’è una regola per uno scrittore: trovare uno spazio vuoto in cui poter scatenare la propria creatività. È successo anche a lei?

Da Vinci è un artista conosciutissimo, ma tra i 28 e i 34 c’è un vuoto nella documentazione che lo riguarda. Come scrittore, quando trovi queste lacune, è una miniera d’oro. L’altra lacuna interessante risale alla sua morte perché si dice che abbia scritto circa 13 mila pagine di diario, di cui 7 mila non ci sono più, sono andate perdute: il che significa che abbiamo dei dubbi su cosa possa essere avvenuto. La serie è concentrata su queste lacune e su queste pagine.

La storia è un mix di qualcosa che potrebbe somigliare ad un incrocio tra Indiana Jones e Borges. E’ giusto?

Sì, Leonardo Da Vinci è stato un personaggio immenso. Era un genio molto tormentato. Aveva problemi con il padre: alcuni dicono che fumasse oppio, straparlasse e si mettesse nei guai proprio per questo suo dire quello che pensava. Credo che fosse interessato ad essere uno scienziato e che l’arte fosse un modo per guadagnare dei soldi per finanziare la sua scienza. Però, ci tengo a sottolineare che questo è un fantasy-avventura. Leonardo è  un personaggio immenso e anche la serie è immensa.

Qual è il rapporto tra passato e futuro in questa serie?

Nei primi episodi il personaggio che viene detto il Turco afferma che la storia è una menzogna, cosa che io credo perché penso che la storia venga riscritta dai vincitori. Un’altra verità che viene affermata è che il tempo sia circolare: questo è un elemento della serie. Il tempo è molto fluido nella serie, però non posso spiegare tutto se non avete visto la serie. Quando lo show aprirà ad aprile, la scena finale è già intuibile dalla prima scena. Tutto sarà circolare.

Si tratta di un film in costume, che per un regista è un impegno rilevante necessitando di muovere molte scenografie. Da questo punto di vista è stata una sfida notevole?

Sì, non è una serie storica ma ci sono molte citazioni. Per questo il mio approccio era quello di una graphic novel. I costumi sono stilizzati: in alcuni casi abbiamo preso dei costumi dell’epoca, in altri abbiamo fatto l’inverso. È storia, certo, ma non è una storia esatta per questo ci sono molti effetti visivi. Vogliamo portare Firenze, Roma, Milano, Costantinopoli sullo schermo, dandogli una nuova vita.

Ambientare un film sull’Italia del ‘400 in Gran Bretagna, è una sfida altamente creativa. Perché ha preso questa decisione?

Se fosse il mio sogno io avrei girato tutto in Italia. La seconda unità l’abbiamo girata qui a Firenze, passando anche per Milano. Ma è una coproduzione britannica e il Regno Unito ci ha dato dei finanziamenti molto importanti per girare là. Se avessimo potuto girare in Italia, lo avremmo fatto.

Che tipo di legami aveva avuto con questa cultura e questa grande stagione europea come il XV e il XVI secolo? Era qualcosa già presente nella sua sensibilità?

Ho studiato arte all’università. Ma ero affascinato soprattutto da Leonardo Da Vinci come persona. Poi quando sono andato a Firenze ho studiato il periodo mediceo, ma erano soprattutto i suoi disegni anatomici e la sua scienza ad affascinarmi. I suoi disegni anatomici sono così dettagliati. Leonardo, oltre ad essere un grande matematico, era un genio in tante cose.

L’altra clip, presentata in anteprima, mostra Leonardo mentre sta lavorando sulla colombina, una specie di uccello pirotecnico posizionato fuori del Duomo. In questa scena, ambientata in una caverna, arriva anche il suo mentore Verrocchio.

Quando i critici scriveranno che Leonardo sembra stare in una Bat-caverna e che il personaggio si muove come Michael Caine, lei risponderà che è un’esagerazione o, effettivamente, c’è un ispirazione dai film su Batman?

No, la caverna è una cosa che è realmente avvenuta, riportata anche sui suoi diari.

Non è possibile, di fronte ad un opera che cita nel titolo Da vinci, non ricordare Il Codice Da Vinci. C’è qualche tratto di continuità tra queste due storie?

Soltanto per il fatto che, se si scrive una storia su Da Vinci, sui codici e le società segrete, il tutto si lega a Da Vinci. È tutto molto vicino a Da Vinci, quando parliamo di società segrete di cui sembra essere stato al centro. La verità intorno a Da Vinci è talmente folle che sarebbe stato impossibile inventarla. Mi sorprende che nessuno abbia scritto una storia simile prima di me.

La sua carriera dimostra che lei è in grado o di creare storie mai raccontate prima oppure di prendere storie già raccontate per poi riadattarle. Sono due approcci diversi. Lei sta approcciando ad un altro grande supereroe. Quali saranno le sfumature in Superman?

Superman uscirà non prima di giugno, Batman non lo abbiamo considerato un fumetto ma piuttosto come un personaggio reale. Così abbiamo fatto lo stesso anche per Superman.

Abbiamo visto un giovanissimo Da vinci in uno stile molto moderno. All’epoca non credo che le persone si comportassero così. Si è fatto uno studio su questo aspetto oppure ne avete dato una visione futuristica per dare un nuovo taglio?

Si poteva trattare di Da Vinci utilizzando stereotipi delle fiction con uno stile molto asciutto. Da Vinci era talmente avanti rispetto al suo tempo che ho pensato che trattarlo in maniera normale sarebbe stato un disservizio per Da Vinci stesso. Mi interessava presentare Da Vinci come un uomo avanzato rispetto ai suoi tempi, con un approccio moderno. Non volevo fare un docu-film ma volevo proporre Da Vinci come un uomo moderno.

Tratterà l’aspetto sessuale di Leonardo?

Certo, è stato processato per sodomia e sicuramente ne faremo riferimento nella prima serie. Non lo vogliamo presentare come un santarellino. Sarà una serie che provocherà dibattiti. Non è possibile fare un film su Leonardo senza far arrabbiare qualcuno.

Può dirci qualcosa degli attori presenti in Da Vinci’s Demons?

Posso dire che il cast che abbiamo messo insieme è il cast di maggiore talento con cui ho lavorato sinora. Credevo che Da Vinci non dovesse essere interpretato da un attore così noto perché poteva distrarre. Abbiamo fatto migliaia di provini prima di scegliere chi potesse rappresentare l’uomo più intelligente del mondo. Quello che ha Tom Riley, l’interprete di Leonardo, è che è molto intelligente e in gamba e pone attenzione su ogni dettaglio.

Laureata in Storia e Conservazione del Patrimonio Artistico, mi dedico alle mie due grandi passioni: l’arte e la scrittura. L’ambizione? Scrivere di arte. E’ quello che provo a fare da qualche anno, raccontando sul web il criptico eppure essenziale mondo artistico. A 23 anni i sogni vanno alimentati dalle speranze!

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Berlinale 73: Inside, la recensione | Un incubo a occhi aperti tra quattro mura

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Inside film recensione

La recensione di Inside – Foto: Newscinema.it

Presentato al 73° Festival di Berlino, Inside conta 105’ di durata e fa parte della sezione Panorama.

Regia e soggetto sono a cura di Vasilis Katsoupis mentre la sceneggiatura di Inside è firmata da Ben Hopkins. Il protagonista assoluto di questo thriller dalle sfumature comedy-drama è Willem Dafoe e verrà distribuito nelle sale statunitensi il 10 marzo 2023, attendiamo la conferma italiana.

La trama di Inside

Il ladro d’arte Nemo rimane intrappolato in un attico a Times Square durante un furto che finisce male. Con il passare dei giorni il suo stato mentale comincia a peggiorare e dovendo combattere con la fame e la sete, dovrà escogitare un piano per trovare una via di fuga, per restare lucido e per adattarsi alle disagianti condizioni, ormai inevitabili.

Il one man show di Willem Dafoe

Ci sono film che abbracciano il proprio protagonista cucendogli addosso un ruolo perfetto e imbastendo intorno a lui un ambiente congeniale che punta al risultato sperato. Mai come in questo caso la definizione può essere più appropriata, questo film è Willem Dafoe.

Un uomo imprigionato senza via di fuga che dopo averle provate tutte inizia a testare i propri limiti, finendo per immaginare soluzioni e fantasticare tra folli visioni. Il ladro lo sappiamo, è una figura negativa che solitamente dovremmo identificare come antagonista ma che qui trova un risvolto opposto.

Nemo è un uomo che non avverti mai come ostile, ti trovi ad empatizzare totalmente con lui e quasi ti dimentichi che si meriti di essere imprigionato lì e magari anche scoperto, in quanto giunto in quella situazione per qualcosa che sostanzialmente non andava fatto.

Willem Dafoe Inside

Willem Dafoe in Inside – Foto: Berlinale 73

Un incubo a occhi aperti tra quattro mura

Freddo glaciale o caldo torrido, mancanza di una fonte d’acqua, istinto di sopravvivenza e di adattamento, di certo quello che a prima vista pare essere un attico pieno di comfort, diventa in un attimo un ambiente avverso dove la tecnologia, da cui ormai dipendiamo, da utile si fa nemica.

Questa interessantissima opera filmica è capace di diversificare la propria direzione, partendo da qualcosa di inizialmente molto concreto e arrivando a compiere un viaggio più concettuale. Già capace di affascinare al suo primo lungometraggio dunque, il regista greco pare avere le idee ben chiare sulla direzione verso cui portare il proprio cinema.

Un po’ come il connazionale Yorgos Lanthimos, percorre una strada che parte dal realismo e finisce nella criptica isola del sottotesto ermetico, quello in cui è necessario un lavoro mentale da parte dello spettatore per essere elaborato al meglio.

Inno all’arte

L’arte e la sua realizzazione, l’inventiva, la ricerca di soluzioni che stimolano la creatività sfociando in qualcosa di ricercato, di contemporaneo, di artisticamente riflessivo. Muffa, sudore, rabbia, rassegnazione, tanti sono gli elementi simbolici o le sensazioni percepite, che portano ad un unica domanda: fin dove si può spingere un uomo?

Un essere umano in trappola, messo a dura prova dalla situazione che involontariamente si trova a vivere, sopraffatto dal proprio istinto, troverà il modo di far pace con sé stesso e con l’ambiente circostante in un equilibrio quasi spirituale. Molto silenzioso Dafoe gioca con sé stesso, recita per sottrazione, talvolta interagendo soltanto con la mimica facciale, altre con gli oggetti presenti in scena o qua e là parlando un divertente italiano.

Inside film 2023

Inside film – Foto: Newscinema.it

Non mancano infatti passaggi simpatici, dalla Macarena agli easter egg brillanti disseminati in ogni dove, che grazie ad un ottimo lavoro di montaggio esaltano ancor di più il ritmo e il talento dell’attore, chiamato a reggere sulle proprie spalle l’intero lungometraggio.

In conclusione ci troviamo immersi in un mondo nascosto tra condizioni critiche poco rassicuranti e ostacoli decisamente ingombranti, che pulsa però quasi inconsapevolmente di innata genialità artistica e si fa metafora di quello che Nemo sta pian piano realizzando, come fosse un inception di strutture a matrioska. Un inno all’arte dunque, alle menti creative e al prepotente ma essenziale concetto “Non c’è creazione senza distruzione”.

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Berlinale 73 | Suzume, il nuovo sorprendente film animato dal regista di Your Name

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Berlinale 73 | Suzume, il nuovo sorprendente film animato dal regista di Your Name
3.6 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora
Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Suzume, il nuovo film d’animazione del regista di Your Name si rivela un’opera avvincente, intrigante e sorprendente, presentata in concorso alla 73esima edizione della Berlinale.

È stato presentato a Berlino il nuovo film d’animazione del regista giapponese Makoto Shinkai, che nel 2016, con Your Name, aveva commosso milioni di spettatori in tutto il mondo, fino a guadagnarsi la stima che si riserva ai nuovi maestri e, in alcuni casi, persino lusinghieri paragoni con Hayao Miyazaki.

Il suo nuovo Suzume è un’opera avvincente, intrigante, sconcertante: un film catastrofico sci-fi spettacolare che si fa saggio sulla natura e la politica, attraversato da elementi comici folli e stravaganti che in alcuni momenti ne deviano la narrazione e ne cambiano drasticamente il tono.

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Già in Your Name, il regista aveva inventato un disastro – un enorme impatto meteorico – quasi sicuramente ispirato al terremoto del Tōhoku del 2011. Con Suzume, adesso, fa esplicito riferimento alle scosse e allo tsunami del 3/11 nel prologo del film, quando la protagonista si ritrova in quella che sembra ESSERE una dimensione parallela in cui regna una devastazione surreale, con case ridotte in macerie e barche spettrali incagliate dopo misteriosi naufragi.

Il resto del film si svolge circa un decennio dopo, a partire da Kyushu (purtroppo, isola che è stata colpita da un terremoto di magnitudo 5,6 appena sei settimane prima dell’uscita del film, dando ulteriore rilevanza e attualità al suo messaggio). Una mattina, in sella alla sua bicicletta, Suzume incrocia un bel giovane che cammina nella direzione opposta, e con uno stratagemma visivo preso in prestito dal cinema live action, il tempo rallenta e la regia cattura la scintilla che scatta romantica tra loro.

Lo straniero si chiama Souta Manakata e si presenta a Suzume come un “Closer”, ovvero qualcuno incaricato di chiudere una serie di portali mistici per evitare che gigantesche creatura fuggano attraverso essi e continuino a causare disastri in tutto il Paese (vermi in computer grafica che rivelano la loro pericolosità e la loro alterità anche come corpi estranei rispetto al gentile tratto bidimensionale del film). Souta, però, all’inizio del viaggio si trasforma in una sedia per bambini a tre gambe: un’idea stravagante per un compagno di viaggio che si rivela però sorprendentemente efficace.

Il film, infatti, riesce a rendere Souta molto più espressivo nella sua semplice forma geometrica di sedia rispetto a quando, da ragazzo in carne ed ossa, non può che essere il generico oggetto d’amore della protagonista. E anche in questo rifiuto di un sentimentalismo molto vecchio e abusato sta la modernità del film di Shinkai, che stavolta decide di dare un tocco contemporaneo e giovanile al suo film collaborando nuovamente con la rock band Radwimps, affiancata qui dalla strumentazione del compositore Kazuma Jinnouchi, e incorporando nella narrazione la tecnologia moderna e l’utilizzo dei social network. Lo stesso design del gatto Daijin quasi certamente ricorderà ai fan più giovani quello cattivo dello show Puella Magi Madoka Magica.

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Strutturato come un road movie, Suzume invita il pubblico ad un tour del Giappone, sorvolando sui punti di riferimento familiari, come il Monte Fuji, e concentrandosi invece sui luoghi che rappresentano il patrimonio in via di estinzione del Paese del Sol Levante. Ma è la direzione dell’animazione di Kenichi Tsuchiya, che si impone con i suoi dettagli sbalorditivi, che rendono Suzume un oggetto di misteriosa bellezza nei suoi cieli notturni e negli skyline pittorici delle diverse città. La protagonista entra in connessione con il pubblico come un’adolescente in movimento e in subbuglio, comandando il percorso emotivo della narrazione.

“Il peso dei sentimenti delle persone è ciò che soffoca la Terra”, dice Souta nel film: ed è questo il manifesto di Shinkai su come la vita interiore e la topografia giapponese siano strettamente dipendenti l’una dall’altra. E proprio come nel film The Garden of Words, in cui aveva già spiegato la sua tesi emotiva attraverso la poesia Man’yōshū, Suzume è uno sforzo che cerca di restituire la complessità di un mondo interiore con umorismo e pathos, legandolo alle sorti della Terra, del mondo che sta fuori.

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Berlinale 73 | Infinity Pool, Mia Goth: “Non mi sottraggo mai davanti a questo tipo di film”

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Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Mia Goth e Alexander Skarsgard hanno rivelato di essersi divertiti molto a realizzare Infinity Pool, il thriller “provocatorio” e “viscerale” del regista canadese Brandon Cronenberg, presentato in anteprima europea alla 73esima Berlinale.

È stato presentato in anteprima europea alla 73esima edizione della Berlinale l’atteso Infinity Pool, nuovo controverso thriller diretto da Brandon Cronenberg. Il regista ne ha parlato insieme ai protagonisti Mia Goth e Alexander Skarsgard in una conferenza stampa con i giornalisti, approfondendo le tematiche del film e affrontando le controversie legate ad esso.

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

L’attrice britannica, oggi famosa specialmente per essere protagonista e co-creatrice della trilogia horror di Ti West cominciata con X – A Sexy Horror Story, ha detto di aver apprezzato molto l’aspetto “provocatorio” del suo personaggio. “Non mi sottraggo mai a questo tipo di materiale e a questo tipo di film”, ha detto ai giornalisti.

“Trovo che all’interno di questo tipo di storie ci siano personaggi davvero impegnativi che mi permettono di esplorare sfaccettature di me stessa che non mi sento molto a mio agio a rivelare al di fuori di un set. Gabi è un personaggio molto vario e dinamico. All’inizio è una donna piuttosto dolce e senza pretese e alla fine del film la vediamo invece completamente selvaggia e scardinata, solo primordiale”, ha spiegato Goth.

Il personaggio di Skarsgard, invece, è uno scrittore in difficoltà, burattino di un gioco perverso e pericoloso. “Si capisce già nel suo primo incontro con Gabi che non gli ci vuole molto per seguirla come un cane affamato”, ha affermato l’attore. “È stato abbastanza divertente giocarci con quanto fosse credulone e quanto fosse facile manipolarlo. Volevo uscire dalla mia testa… buttarmi lì dentro, in questo mondo, e vedere cosa sarebbe successo. È un film così viscerale, in cui succedono tante cose”.

I due personaggi, però, sono uno lo specchio dell’altro, come suggerito da Goth. “Penso che Gabi possa ritrovare molto di se stessa in James. Ed è anche per via di questo riconoscimento che le è così facile rivoltarlo come un calzino. Perché hanno lo stesso background culturale, lo stesso status sociale e, cosa più importante, hanno entrambi una vita di insuccessi e di fallimenti. Hanno modi diversi di affrontare questa condizione, ma da dentro penso siano molto più simili di quanto sembri”, ha spiegato l’attrice.

Berlinale 73 | Brandon Cronenberg:“Un prossimo film tratto da Ballard”

Il film è in parte ispirato, per ammissione dello stesso regista, al romanzo di Super-Cannes di J. G. Ballard, pur non trattandosi di una vera e propria trasposizione fedele o ufficiale. “Adoro Ballard e in passato ho pensato spesso di adattare il suo libro per il cinema, ancora prima di realizzare Infinity Pool.

Quindi sicuramente c’è un po’ di questa influenza nel film. Non è la stessa cosa, ma sicuramente il mood è quello. Siamo attualmente in fase di trattativa con chi detiene i diritti di Super-Cannes per riuscire a realizzare un adattamento cinematografico nel prossimo futuro. Mi piacerebbe molto farlo”, ha annunciato il regista.

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Di Infinity Pool si è parlato, e si continuerà a parlare, specialmente per le sue scene più esplicite e disturbanti. “Non trovo particolarmente utile avere degli intimacy coordinators (figure che garantiscono il benessere di attori e attrici che partecipano a scene di sesso o ad altre scene intime in un film) sul set”, ha dichiarato Mia Goth.

“E probabilmente questo è dovuto al fatto che ho sempre lavorato con registi fantastici: sensibili, gentili e professionali. Come appunto Brandon Cronenberg. Spesso è meglio girare la scena senza perdere troppo tempo a discutere di cosa si può o non si può fare. È una situazione che crea più imbarazzo che altro. Se c’è fiducia tra gli attori e con il regista, basta quello”.

Cronenberg ha poi scherzato sulle notizie apparse sui giornali relative a degli spettatori, nelle diverse presentazioni del film in giro per il mondo, che hanno abbandonato la sala dopo essersi sentiti male davanti alle scene più disturbanti: “In realtà, poche persone hanno lasciato la sala durante queste proiezioni. Devo dire che siamo un po’ delusi. Forse non abbiamo fatto un buon lavoro. Quando abbiamo mostrato il film ai nostri amici, pochissimi hanno riso davanti all’umorismo molto perverso della storia. E pensavamo di essere spacciati. Invece il pubblico sembra averlo compreso”.

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