roBOt Festival: le memorie digitali, tra social network e Wikipedia

Il roBOt Festival di Bologna non è solo proiezioni e musica, ma una buona parte del programma è dedicata alle innovazioni tecnologiche e a tematiche legate al mondo digitale in continua espansione. Infatti la quarta giornata ha ospitato una tavola rotonda molto interessante sulle “memorie digitali” organizzata da Laura Sartori, in collaborazione con l’Università di Bologna. Andrea Cossu, docente di Sociologia dei Processi Culturali all’Università di Trento, Michela Ferron, ricercatrice della Fondazione Bruno Kessler e Giorgio Gronchi, psicologo dell’Università di Firenze, coordinati dalla Sartori, professore associato al Dipartimento di Scienze Politiche e Social di Bologna, hanno dibattuto sul processo della memoria digitale nella vita quotidiana. Passando per l’uso quotidiano dei social network, degli smartphone, ipad e altri dispositivi che sono diventati oggi il nostro mezzo più diffuso per reperire informazioni di ogni tipo, e parlando anche dei processi cognitivi dell’uomo, dall’infanzia all’età adulta, anche in relazione alla vita sociale che si conduce, l’insieme di studiosi ha presentato, in maniera completa e colloquiale, una questione molto attuale e curiosa. “Oggi abbiamo a disposizione molti strumenti che ci aiutano ad immagazzinare informazioni, ma come cambia la memoria collettiva oggi?” ha chiesto ai suoi colleghi Laura Sartori, aprendo il dibattito presso la Sala degli Atti del Palazzo Re Enzo di Bologna.

Ogni volta che è stata creata una nuova tecnologia la gente si è chiesta sempre quale influenze potesse avere questa sulla comunicazione. Possiamo accedere ad ogni tipo di informazioni da tanti dispositivi diversi e in qualsiasi momento. Questo fa pensare in termini negativi al futuro del nostro concetto di memoria. Tuttavia le ricerche su questi temi sono poche e sono venute fuori solo negli ultimi tempi. Le nostre capacità di memoria non sono mutate al momento in funzione delle nuove tecnologie, ma è cambiato ciò che ci ricordiamo, secondo un recente articolo pubblicato sulla rivista Science” ha spiegato Giorgio Gronchi, aggiungendo che in fondo la memoria può essere anche utilizzata come un hard disk esterno da cui prendere le informazioni di cui abbiamo bisogno: “Sì, in fondo è sempre stato così. ma cambia la dimensione del fenomeno. Per esempio, prima di internet, per un problema legale andavamo dall’avvocato, per un problema di salute andavamo subito dal medico…il singolo individuo si affidava ad altri individui come con un hard disk esterno. Adesso ognuno ha a disposizione non una persona con alcune professionalità, ma internet. Ma quanto è affidabile? La memoria si sta adattando a seconda degli strumenti che abbiamo a disposizione”.

Infatti riflettendo su questo nuovo modo di comunicazione e di vivere le proprie emozioni sul web, con la condivisione delle proprie esperienze sui social network, diverse sono le incognite da trattare. Nella ricerca di informazioni, per esempio, con Wikipedia o Google, viene da chiedersi quanto siano affidabili questi mezzi come fonti. E Michela Ferron, soffermandosi in particolare su questo aspetto, ha spiegato: “Tutti noi usiamo Wikipedia quotidianamente, per trovare informazioni. E’ un social network potentissimo nato nel 2001, un’enciclopedia digitale tradotta in più di 280 lingue. E’ l’emblema della nuova cultura partecipativa che ha rivoluzionato i mezzi di comunicazione digitale. Ogni giorno vengono effettuate tante modifiche e gli archivi sono in continuo sviluppo e cambiamento. Questo crea dubbi sull’affidabilità del mezzo come fonte di informazione. Ci sono diversi studi su questo, e sono ancora contrastanti”. Andrea Cossu ha risposto, soffermandosi invece sull’interazione delle nuove tecnologie con le nostre pratiche sociali quotidiane: “Ci sono pratiche sociali nuove, che assumono significati nuovi quando si associano a nuovi mezzi digitali come telefoni, ipad etc…e poi ci sono pratiche di memoria meno toccate, costituite da un nucleo tradizionale e un circuito che si allarga con la digitalizzazione. Oggi noi siamo incorporati come soggetti visibili, in relazione con il passato, ma visibilmente in relazione con il passato grazie ai nuovi strumenti (per esempio la moda dei selfie). Facebookm quando muore qualche personaggio, diventa un muro e un luogo di memoria…si forma un ricordo istantaneo, e le emozioni sono subito rappresentate. In primo luogo la memoria prodotta da più persone, e in secondo luogo si annulla la distanza necessaria per produrre il passato. La memoria adesso è più vicina”.

Quindi si arriva alla conclusione che la memoria sia una rappresentazione nel presente di qualcosa che è passato, ma all’interno di una comunità e per questo “collettiva”, con una modifica strutturale tra pubblico e privato. Ma, nella storia, l’uomo ha avuto comunque sempre bisogno di tramandare la propria memoria, per donare informazioni preziose ed utili alle generazioni future. Nel caso della memoria digitale, questo come può avvenire? A questo risponde Giorgio Gronchi, dicendo: “Come lo abbiamo sempre fatto. Le nostre memorie sono create in grande parte con la conversazione e con i sensi. Dove prima eravamo legati alla scrittura, democratica e accessibile a tutti, adesso siamo fruitori di tracce visuali a costo irrisorio. Questo influisce anche su quello che noi pensiamo valga la pena di essere ricordato”.