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VENEZIA 68: Conferenza Stampa de “L’Ultimo Terrestre” di GiPi

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Si è tenuta ieri la Conferenza Stampa de L’Ultimo Terrestre primo film da regista di Gian Alfonso Pacinotti, noto fino ad ora, principalmente per la sua carriera da fumettista. La storia ambientata durante l’ultima settimana prima dell’arrivo di una civiltà extraterrestre sulla terra, segue gli extraterrestri che si vedono accolti da un paese stanco e disilluso, in crisi economica conclamata e gravissima. Le reazioni delle persone alla venuta dei particolari ospiti, vanno dalla reazione razzista (Adesso ci ruberanno il lavoro, come hanno fatto i cinesi prima di loro!) ad interpretazioni mistico religiose strampalate. La chiave di lettura rimane particolarissima e ce ne hanno parlato il regista accompagnato dal cast artistico composto da Luca Marinelli, Roberto Herlitzka, Anna Bellato e Gabriele Spinelli, insieme ai produttori Domenico Procacci (Fandango) e Paolo Del Brocco (Rai Cinema).

 

 

Hai fatto il tuo esordio alla regia con il fumetto di un altro, pubblicato da una casa editrice particolare, un collettivo di Bologna. Secondo me è stato molto importante, anche per far venire alla luce questa realtà, molto vasta e sconosciuta in Italia, c’hai pensato a questi risvolti prima di fare il film?

–          Gian Alfonso Pacinotti: No, non ci ho pensato. Il fatto che volessi bene ad autore e casa editrice è una cosa secondaria, m’è semplicemente piaciuta la storia ed ho voluta trasporla cinematograficamente.

Sono rimasta  colpita da Daniele Spinelli, so che non era un attore prima di questo film, è quindi all’esordio. Come sei arrivato a Pacinotti, qual è il tuo percorso fino a qui?

–          Daniele Spinelli: Sono arrivato a Pacinotti per distanza geografica, nel senso che abitiamo vicini. Ci siamo conosciuti per caso ed entrambe apprezzavamo le cose realizzate. Ci siam trovati bene, abbiamo iniziato a lavorare con lui, facendo le cose in maniera casalinga, abbiamo girato diversi cortometraggi, poi due lungometraggi, le cui copie sono state distrutte (era meglio non farle girare troppo). Poi ha fatto questo percorso da fumettista e ci siamo visti più raramente ma ci siamo risentiti per la proposta di questo film visto di cui Fandango aveva chiesto i diritti, io non pensavo neanche di fare l’attore ma qualcosa di più tecnico, invece mi ha chiesto di tornare davanti la macchina da presa, io c’ho pensato, da un po’ di anni non mi interessava più ma abbiamo fatto delle prove ed ho accettato, pensavo stessimo andando nuovamente a fare una cosa in amicizia ed infatti così è stato. Sul personaggio, è un po’ particolare, molto psicologico, abbiamo mantenuto la recitazione minimale per evitare errori.

Per il regista, i giornali oggi sono pieni di titoli a caratteri cubitali, fischi alla comencini, come sei arrivato in questa arena?

–          Gian Alfonso Pacinotti: Guarda, mi chiedi se ho paura perché menano? No, non ho paura perché menano.

C’è questo finale in cui è auspicabile un momento sociale politico in cui venga fuori un fine vista la situazione in cui viviamo, visto che il protagonista è legato anche a questo.

–          Gian Alfonso Pacinotti: Il personaggio è pessimista ed ottimista allo stesso tempo, aspetta un cambiamento forse in maniera passiva ma lo vuole. Le scelte stilistiche non sono state decise in precedenza, ho semplicemente seguito la curva che s’è venuta a creare girando le scene. Non ho mai fatto differenza tra i diversi toni, le parti comiche e drammatiche si mescolano sempre.

Volevo sapere se c’era stato nella preparazione del suo film uno storyboard e se ci sarà un’evoluzione del progetto.

–          Gian Alfonso Pacinotti: Non c’è stato uno storiboard prima ma durante, durante lo svolgimento del film

–          Gian Alfonso Pacinotti: Non credo ci sarà un dopo, penso che questo lavoro sia chiuso qui, con il film. Poi se tra dieci anni mi tornerà la voglia, chi lo sa!

Per Herlitzka, qual’è stato il suo contatto con Pacinotti? E come mai questo prestito dal teatro al cinema?

–          Roberto Herlitzka: Cinema e teatro sono due attività che fanno bene a convivere, sennò finiamo per fossilizzarci in uno di questi due stili molto diversi fra loro, è bene farli coesistere

–          Roberto Herlitzka: Quanto a Pacinotti mi ha offerto questa parte, io ho letto la sceneggiatura, mi ha coinvolto e sono stato molto contento di recitare con lui, specialmente perché apprezzo il fumetto, permette una totale libertà, che noi abbiamo avuto in questo film.

Per Procacci, volevo sapere con che criterio un produttore sceglie i vari script che gli vengono fatti visionare?

–          Domenico Procacci: Guardi, penso che ognuno abbia il proprio modo di agire ma questo film nasce da altro, da un incontro con Gianni che mi ha fatto vedere i suoi lavori da fumettista ed i suoi cortometraggi, ci incontrammo a Lucca in occasione di un festival e parlammo, pensavo sarebbe andato a pescare una delle sue storie, ed invece mi ha sorpreso che si orientasse verso un lavoro di un altro autore, nei suoi corti gli alieni erano già stati trattati. Insomma, l’interesse è nato da questo lavoro, dal fumetto e dalla proposta diretta di Pacinotti.

In italia di oggi chi potrebbe essere l’alieno che fa scoppiare le contraddizioni?

–          Gian Alfonso Pacinotti: Io a questa domanda non so rispondere, nel mio film il personaggio scopre la compassione, vabè ma è una roba mistica mia. In Italia la vedo dura che possa succedere una cosa del genere..

Come  è stato costruito il personaggio?

–          Gian Alfonso Pacinotti: Un giorno mi squilla il telefono e mi viene proposto questo ruolo perquesto trans, mi è stata proposta la sceneggiatura e mi sono innamorato del personaggio, vedevo i suoi sentimenti, c’è stato il provino ed arrivare alla fandango truccato, ecco è stato imbarazzante ma superata la porta del provino è stato come un tempo fermo, però poi sono stato scelto ed il personaggio è stato veramente emozionante, ho conosciuto persone meravigliose, bella esperienza.

Paolo Del Brocco, in veste di rappresentante di Rai Cinema, come mai la scelta di sposare il progetto?

–          Paolo Del Brocco: Era  un progetto diverso dal  normale, delicato, questa storia ha affascinato per tema e stile e la reputavamo necessaria per il genere.

Anna e gli alieni, parlaci del film!

–          Anna Bellato: è un personaggio che ho amato fin dall’inizio, forse per i punti in comune, questa speranza che con l’arrivo degli alieni possa cambiare qualcosa, una situazione che non le piace. Questi alieni, non so se veramente ne abbia paura, ma sicuramente è qualcosa di esterno che potrebbe cambiare la sua vita

A Domenico Procacci chiedo di parlare di numeri. Allora Ruggine è già uscito in sala, Gipi ed i suoi alieni escono al cinema domani, quest’anno puntate molto di più sulla distribuzione Fandango, quali sono le aspettative e come verrà distribuito Gipi e soprattutto come mai questo desiderio di distribuire film dati ai partner come Rai Cinema?

–          Domenico Procacci: Io produrrei volentieri i film di Ozpetec, Muccino, Garrone ma non è stato possibile distribuire i nostri film. La produzione italiana negli ultimi anni è progredita su questo genere, come la fine è il mio inizio o il pranzo di ferragosto, ecco quelli hanno cambiato la nostra visuale, penso ci sia la possibilità di distribuire un certo tipo di prodotto. Ruggine è un certo tipo di film che ha bisogno di attenzione, di piùà cura, è meno d’impatto. Forse una struttura come noi può seguirlo da vicino. C’è anche qualche altro film non nostro che stiamo prendendo in distribuzione.

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Franca Valeri: parla la figlia adottiva: “amavamo lo stesso uomo” | Come è successo

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Franca Valeri e Stefania Bonfadelli - Fonte: Corriere.it - newscinema.it

Franca Valeri e Stefania Bonfadelli – Fonte: Corriere.it – newscinema.it

Le rivelazioni da parte di Stefania Bonfadelli, figlia adottiva di Franca Valeri: ecco le sue parole sul suo rapporto con la madre.

La figlia adottiva di Franca Valeri Stefania Bonfadelli ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla vita privata e sentimentale di lei e della madre.

La cantante lirica e regista Stefania Bonfadelli ha voluto raccontare alcuni retroscena riguardanti la sua vita privata concentrandosi in particolar modo sul rapporto con la madre adottiva, ovvero la nota attrice, sceneggiatrice, drammaturga e regista teatrale scomparsa il 9 agosto del 2020.

Stefania Bonfadelli su Franca Valeri: “Con lei ho condiviso un uomo”

Tra i tanti argomenti toccati da Stefania Bonfadelli in merito al suo rapporto con Franca Valeri c’è quello riguardante la vita sentimentale delle due. Bonfadelli ha infatti dichiarato come abbia condiviso con la madre adottiva anche un uomo: si tratta per la precisione di Maurizio Rinaldi.

Rinaldi aveva avuto con Franca Valeri una relazione durata per ben quindici anni a partire dal 1963 fino ad arrivare al 1978. Maurizio viene descritto da Stefania come un uomo infedele e affascinante, con Franca che attraversò un momento di enorme difficoltà a causa del tumore al polmone affrontato dal suo compagno.

In seguito Stefania Bonfadelli ebbe però a sorpresa una relazione proprio con Maurizio Rinaldi. L’attrice ha parlato di come la madre adottiva fosse riuscita alla fine ad accettare con serenità la storia d’amore tra i due. Queste alcune delle sue parole: “Ci ha unite l’amore per la stessa persona. Aver amato in tempi diversi la stessa persona non sempre divide due donne, le può anche avvicinare. Non so perché è difficile da capire e apprezzare una situazione del genere“.

Stefania Bonfadelli sul rapporto con la madre adottiva

Franca Valeri - Fonte: Twitter - newscinema.it

Franca Valeri – Fonte: Twitter – newscinema.it

Stefania Bonfadelli si è ovviamente soffermata ampiamente anche sul suo rapporto generale con Franca Valeri. Le due si sono incontrate per la prima volta nel 1986 in occasione del Concorso Battistini organizzato proprio da Franca insieme a Maurizio Rinaldi.

Dopo diverse altre tournée insieme Franca Valeri ha poi deciso di adottare Stefania. Questo il racconto della diretta interessata: “A 88 anni Franca ebbe la polmonite. In ospedale mi chiesero se fossi una sua parente. Questa cosa la fece pensare. A quel punto mi disse che lei non aveva nessuno e che voleva che la accompagnassi nella vecchiaia. Così nel 2008 mi ha adottata anche se io e Franca non abbiamo mai vissuto insieme, abitavamo nello stesso palazzo ma su due piani diversi“.

In merito agli argomenti di discussione tra le due, Stefania Bonfadelli ha confidato come con la madre si ritrovasse molto spesso a parlare di musica, di cani e della dinastia dei Rori oltre che della guerra: “Non l’ho mai vista arrabbiata, ma quando fu ucciso Mussolini lei andò a piazzale Loreto. Mi disse di non aver provato pietà“.

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Festa del Cinema 2023 | Paola Cortellesi dà voce alle donne di ieri e di oggi “considerate nullità”

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RomaFF18 Paola Cortellesi

C’è ancora Domani al RomaFF18 – Newscinema.it

C’è Ancora Domani di Paola Cortellesi ha aperto la 18° edizione della Festa del Cinema di Roma portandoci indietro all’Italia degli anni ’40. Abbiamo seguito la conferenza stampa ed ecco cosa ci hanno raccontato i protagonisti.

Scritto da Furio Andreotti, Giulia Calenda e dalla stessa Paola Cortellesi, C’è ancora Domani è il film di apertura della Festa del Cinema di Roma 2023 che racconta una storia ambientata nella seconda metà degli anni ’40 a Roma puntando l’attenzione sulla condizione delle donne dell’epoca.

Girato in bianco e nero questo film alterna commedia e dramma per “raccontare la vita di quelle donne che nessuno ha mai celebrato” come ha detto Cortellesi in conferenza stampa, aggiungendo: “Avevo in testa l’immagine di uno schiaffone sulla faccia con cui questa donna che interpreto si sveglia e vive come una Cenerentola che fa le cose senza rendersene conto”.  

Delia è una donna che ricorda molte donne di quegli anni, quelle “nonne che mi hanno raccontato alcune storie che si consumavano nel cortile, donne che hanno creato il tessuto sociale del nostro paese, considerate sempre nullità. Donne che nessuno celebra, tra loro c’era una certa inconsapevolezza e non ci si rendeva conto della discriminazione e violenza che subivano. Non si ponevano domande perchè gli era stato insegnato che loro non contavano niente.

Paola Cortellesi: “L’insegnamento di mia nonna”

Mia nonna era una donna eccezionale, non erudita, ma mi dava molti consigli chiudendo sempre dicendo: “però che ne capisco io?”. “Attingendo dai racconti personali, abbiamo scritto C’è Ancora Domani e ovviamente anche grazie alla consulenza di Teresa Bertinotti per definire bene il contesto storico preciso della storia” ha sottolineato Paola Cortellesi che in questa occasione troviamo dietro e davanti la macchina da presa.

Paola ci ha dato questa immagine dello schiaffone di mattina come il buongiorno di quest’uomo e da lì siamo partiti per raccontare quelle donne” ha detto Furio Andreotti, ricordando che in fondo questo film pur parlando del passato risulta estremamente attuale. “Guardando al passato si parla anche delle donne di oggi, del presente. Il tono comico e divertente da commedia per noi è necessario soprattutto per raccontare un tema importante a cui teniamo per portare il pubblico dove vogliamo”.

Paola Cortellesi in C’è ancora domani – Newscinema.it (Foto: Claudio Iannone)

“Come se niente fosse”

Nonostante il film fosse molto realistico non volevo troppo realismo nella violenza, non mi piaceva perchè in un momento delicato e violento volevo scavalcare una sorta di voyeurismo e raccontarlo come un rituale che Delia si racconta in questo modo. La realtà c’è, ma nella sua testa va anche via perchè lei se lo lascia alle spalle e inizia la sua giornata come niente fosse, il che, secondo me, è la cosa più violenta e più grave…il ‘come se niente fosse’” ha fatto notare Cortellesi che, soffermandosi sul fulcro della sceneggiatura, ovvero la violenza sulle donne, ha condiviso un suo pensiero tra ieri e oggi.

“La dinamica è sempre la stessa: svilire una persona, isolarla etc…succede oggi e abitualmente in quelle case dell’epoca. La dinamica resiste anche se sono state fatte leggi, ma nella realtà il divario c’è ancora. Abbiamo voluto parlare di quanto queste cose che sembrano così lontane hanno fortissime radici nella vita contemporanee di molte, anche nella percezione che hanno queste donne di se stesse”. E, parlando della sua esperienza personale ha rivelato: “Una volta ho sentito un commento su un mio contratto del tipo ‘beh non male per essere una donna’, e non l’ho mai più voluto sentire ma è un dato di fatto. Ho avuto grandi opportunità nel mio mestiere e tutti dovrebbero avere lo stesso trattamento economico“.

c'è ancora domani Paola cortellesi

C’è Ancora Domani – Newscinema.it (Foto: Claudio Iannone)

“Gli uomini non sono cambiati, ma le donne sì”

In conferenza stampa Valerio Mastandrea chiamato in causa ha detto la sua sulla questione: “Da questo film si possono tirare fuori molte opinioni e convinzioni. Credo che l’unica differenza da ieri a oggi le donne oggi hanno più coraggio di ribellarsi, ma non è cambiato quello che trovano fuori. Le leggi non bastano, ci vuole un lavoro culturale, ci vorranno tanti anni, ma la donna è diversa. Negli anni 20-30 c’erano già donne ribelli che uscivano dagli schemi, anche a seconda delle varie regioni d’Italia, ma nell’uomo non c’è differenza tra ieri e oggi. Le generazioni che Paola ha raccontato le ha raccontate per capire di quanti alibi ha bisogno un uomo. Bisogna raccontare un uomo anche più debole, ma non perdente, così non si mette una maschera per fare quello che fa”.

Vinicio Marchioni che interpreta nel film un uomo buono e amante delle donne ha detto: “Paola mi ha spiegato subito la funzione del mio personaggio e sono stato molto contento di fare questo Nino innamoratissimo di lei. L’ho affrontato con leggerezza perchè penso che lui sia uno di quegli uomini che amano le donne di cui non si parla mai. Lui dona tenerezza e grazia in quel periodo storico a una donna come quella di Paola e per me il ruolo è stato bellissimo. Una specie di McGuffin meraviglioso”.

Emanuela Fanelli nei panni della migliore amica di Delia e spalla della Cortellesi nel film ha concluso: “Il ruolo di Marisa è l’amica del cuore di Delia, i momenti con lei sono di leggerezza con una persona che la guarda con amore che non è frequente per lei. La resistenza risaliva solo tre anni prima e le donne allora si sono viste altro dalle madri e mogli. Tutto era giovane e stava iniziando, ci si guardava in modo diverso. Il personaggio di mio marito appartiene a un ceto sociale basso, ma è un uomo splendido. Mia nonna era molto simile a Marisa, quindi ho preso ispirazione da lei”.

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Festa del Cinema di Roma 2023: i film che ci faranno sicuramente piangere

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Una scena dal film Past Lives (fonte: IMDB)

Una scena dal film Past Lives (Fonte: IMDB) – Newscinema.it

La Festa del Cinema di Roma 2023, quest’anno dedicata a Giuliano Montaldo, compie 18 anni. Tanti i film che saranno presentati in anteprima nazionale. Scopriamo quelli da cui siamo certi che usciremo in lacrime.

Anche la Festa del Cinema di Roma, quest’anno, deve fare i conti con lo sciopero degli attori americani. L’assenza di grandi nomi sul red carpet, però, sarà compensata da un ricco programma di anteprima. Ecco quali sono i cinque film che, secondo noi, ci faranno commuovere e ci strazieranno il cuore.

The Boy and the Heron

Il primo del maestro Miyazaki dai tempi di Si alza il vento – che uscì nel 2013, dieci anni fa – è ambientato in Giappone durante la Seconda guerra mondiale e per alcuni aspetti è forse il suo film più autobiografico. Protagonista è un ragazzo di nome Mahito, orfano della madre dopo un devastante incendio.

Il padre di Mahito si risposa con la sorella della moglie, Natsuko, e si trasferisce con la famiglia in una casa in campagna. Lì Mahito scopre una torre misteriosa e incontra un airone parlante secondo cui sua madre sarebbe viva e prigioniera nella torre. Quando Natsuko entra nella torre senza più uscirne, il ragazzo decide di seguirla per salvarla e si ritrova in un mondo fantastico.

Una scena di The Boy and the Heron (fonte: IMDB)

Una scena di The Boy and the Heron (Fonte: Lucky Red) – Newscinema.it

Past Lives

Chi lo ha visto in anteprima a Berlino, lo definisce come uno dei film più commoventi e toccanti di questo 2023. Due amici di infanzia si perdono e si ritrovano. Seguiamo l’evolversi della loro relazione in tre archi temporali, in cui i due si sfiorano continuamente senza mai aver modo di esprimere pienamente quel sentimento che li ha tenuti insieme, nonostante la distanza e le separazioni, in tutti questi anni. Ispirandosi al fatalismo amoroso dello “in-yuan”, proprio della tradizione coreana legata alla reincarnazione, quello di Celine Song è un film di grande potenza che dice molto dell’amore inespresso e incompiuto.

Je’vida

Je’vida promette di essere un affascinante e toccante viaggio nel passato, un film in bianco e nero e in formato 4:3 che trascina lo spettatore in un mondo di memorie dolorose e identità perdute. Storia di resilienza e di indissolubili legami ancestrale che è quella di Iida (Sanna-Kaisa Palo: una donna che ha abbandonato la sua comunità e la sua famiglia. La regista Katja Gauriloff (di origine finnico-Skolt) esplora la distruzione delle civiltà indigene a causa di un’assimilazione forzata alle culture e politiche dominanti.

Alba Rohrwacher e Filippo Timi in Mi fanno male i capelli (fonte: IMDB)

Alba Rohrwacher e Filippo Timi in Mi fanno male i capelli (fonte: IMDB)

Mi fanno male i capelli

Il film diretto da Roberta Torre racconta la storia di una donna di nome Monica (Alba Rohrwacher), che perde la memoria e che ritrova un senso nella sua vita solamente identificandosi nei personaggi interpretati da Monica Vitti. Accanto a lei c’è Edoardo (Filippo Timi), l’uomo che l’ama così immensamente da prestarsi a questo “gioco” nella speranza che questa sua immedesimazione la possa effettivamente salvare. Il titolo del film è una citazione della famosa frase pronunciata da Vitti in Deserto Rosso (1964) di Michelangelo Antonioni.

Mur

L’esordio alla regia di Kasia Smutniak è un documentario girato nel suo Paese natale: la Polonia. Un diario intimo ma anche un atto di accusa, un viaggio difficile che inevitabilmente finisce per infrangersi contro muri vecchi e nuovi: da quello del ghetto ebraico, di fronte al quale Smutniak è cresciuta, a quello costruito dal governo polacco sul confine con la Bielorussia per non permettere ai migranti provenienti dalla Siria di raggiungere il Paese.

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